PALERMO."Nel commemorare i morti bisogna ricordarsi dei superstiti, altrimenti è solo ipocrisia. Se hai la disgrazia di rimanere vivo allora vieni emarginato". Lo dice a 21 anni di distanza dalla strage di Capaci, Giuseppe Costanza, 66 anni, l'autista di Giovanni Falcone rimasto vivo nell'attentato in cui persero la vita il giudice, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti di scorta Vito Schifani, Rocco Di Cillo e Antonio Montinaro.
Costanza ricorda: "Ci siamo messi in macchina: il dottore alla guida, la moglie al suo fianco e io dietro. Per strada mi disse che arrivato a casa non avrebbe avuto più bisogno di me e ci saremmo rivisti lunedì, gli ricordai che mi avrebbe dovuto dare le chiavi. Il giudice allora, sfilò le chiavi dal quadro comando per darmele. Lo ripresi dicendo 'ma che fa, cosi' ci andiamo ad ammazzare!' Questa sua 'follia' è stata la mia fortuna poi è stato un attimo". Costanza oggi è rimasto in casa, non ha partecipato alle manifestazioni per l'anniversario.
"Mi sento amareggiato per essere stato dimenticato soprattutto dalla Fondazione Falcone che non mi ha quasi mai cercato. - afferma - Solo l'anno scorso, dopo avere rilasciato un'intervista in cui mi rammaricavo di questi comportamenti l'ex ministro dell'istruzione, Francesco Profumo avendo accolto questo mio sfogo mi chiese di partecipare alle manifestazioni che si tenevano nell'aula bunker. Ci andai ma ho visto che venni ignorato. Quest'anno mi ha invitato Maria Falcone ma io dopo avere espresso le mie ragioni ho scelto di non andare per non ripetere l'esperienza del 2012". Prende fiato. E rincara la dose: "Le istituzioni mi hanno sempre trascurato. Dopo quel 23 maggio 1992 io rimasi in servizio per altri 10 anni. Fui declassato a commesso e protestai, allora corressero il tiro assegnandomi la qualifica di dattilografo. In ufficio non sapevano cosa farsene di me. E mi sballottavano da un posto all'altro senza fare nulla: timbravo il cartellino di entrata e poi quello di uscita". Un periodo che Costanza ora vuole dimenticare: "Dopo un decennio mi sono stancato di questa vita e attraverso una visita medica
che attestava una mia patologia provocata dallo stress mi hanno riconosciuto non più idoneo al servizio permanente. Dal 2004 sono in pensione e mi sono liberato dal fastidio di essere
inutilizzato in ufficio".
Come passa le giornate adesso? "Ora mi godo la famiglia. Come non potevo fare durante il periodo passato accanto al dottor Falcone". Ripensando all'attentato che ha profondamente segnato la sua vita Costanza scuote la testa sostenendo: "La magistratura ha colpito la manovalanza mafiosa, ovvero coloro che hanno compiuto la strage ma in realtà ancora non si sa chi sia stata ad idearla. Ma difficilmente avrò questa risposta. Alla mia età non penso che arriverò a sapere la verità che di solito si conosce a oltre 60 anni dai fatti. Ma mi sono stancato non vorrei più parlare di quei giorni. Mi si cerca soltanto per gli anniversari e poi ridivento il signor nessuno. Sono nauseato da questa storia. L'altra sera nella trasmissione Ballarò alla quale è intervenuto il presidente del Senato Piero Grasso si parlava di me come 'l'autistà come se non avessi un nome e senza chiedersi che fine io abbia fatto".
"Le migliaia di ragazzi che partecipano ogni anno alle manifestazioni - conclude - non
conoscono la vera storia. Sono rimasto accanto a Falcone per 8 anni dall' 84 al '92. Uscivo da casa e non sapevo se sarei rientrato, consapevole del rischio che correvo. Oggi vedo tante persone sul palcoscenico che non hanno vissuto la mia esperienza. Sono un dipendente civile ma rischiavo la vita come un militare''.