PALERMO. Che sia una giornata irreale si capisce già dalla temperatura, perché 30 gradi alle porte di maggio, anche in Sicilia, è evento raro. Poi guardi a pochi metri da te, e immagini che oltre quella porta quasi perennemente chiusa della seconda rianimazione del Civico ci sia Ugo, che ha da poco chiuso i suoi occhi per sempre, con quel sorriso splendido e pieno di vita spazzato via da un incidente stradale, avvenuto in viale Regione Siciliana nella notte tra sabato e domenica. Al netto della retorica, sempre compagna in queste occasioni, stavolta non è esagerato, né tantomeno falso, dire che se n’è andato quello che per tutti i suoi amici era un confidente, un compagno di giochi e di uscite, quello che ti faceva ridere, certo, ma anche quello che offriva una spalla su cui piangere, quello che ti confortava. Ugo Porcari aveva 34 anni, e se n’è andato in sella a quello che era un po’ il suo orgoglio, la moto Triumph comprata da poco, e mostrata a tutti nelle foto dei social network. Con lui quella maledetta notte, accanto, c’era uno dei suoi più grandi amici, Michele, coinvolto anche lui nello schianto. Non si dà pace, si sente responsabile, anche se di colpe non ne ha nella maniera più assoluta, come non ce le ha nessuno quando il destino ti prende e ti porta via.
Ugo era un puro, per quanto un essere umano lo possa essere. Molti suoi amici li aveva conosciuti tramite una chat, Mirc, un programma che andava di moda agli inizi degli anni duemila. Tutti avevano un nickname, un “nome di battaglia”, un modo per sentirsi a volte quello che non si è o semplicemente per essere, nella realtà virtuale, un’altra persona. Sul canale #Palermo c’erano Diaboliko, Desaparec, Avicenna, Xonia, Shelter, Batman, Chuli, Ashax, Reeko, Profeta e tanta altra gente. Lui era semplicemente Ugo, come il suo nome. E come era nella vita virtuale, lui lo era in quella reale. Semplice, schietto, divertente. Il classico “compagnone”, quello che ti vien voglia di abbracciarlo. Grazie a lui, grazie ad Ugo, in questa caldissima giornata di aprile, si sono riviste persone che hanno smesso da tempo di essere supereroi o altro e hanno indossato, definitivamente, i panni della vita reale, e che si erano persi un po’ per strada l’uno con l’altro. “Ugaccia”, come lo si chiamava affettuosamente, ha fatto pure questo piccolo miracolo, purtroppo fuori tempo massimo.
E non è stato l’unico: la famiglia tutta, il padre, la madre e quel fratello che gli somiglia come una goccia d’acqua, hanno voluto dare quella speranza che loro non hanno più, donando a chi ne ha bisogno gli organi di Ugo. E nemmeno per un momento a tutti gli amici presenti di fronte alla rianimazione del Civico, dai compagni di chat ai colleghi del call center dell’Alitalia, dove lavorava, è sembrata una cosa strana, ma è sembrata, nonostante il peso enorme del dolore e della tristezza, la cosa più naturale del mondo. Il suo “style”, oltre che nel ricordo di chi li voleva bene, vivrà anche in altre persone che non lo conoscevano, che non hanno avuto questa fortuna e che non sa cosa in realtà si sono persi, a non aver avuto questa opportunità. Chi l’ha avuta, chi gli è stato vicino, come la fidanzata Donatella, una volta finito l’incubo potrà tuffarsi in quei ricordi che oggi, purtroppo, fanno solo tanto, troppo male