PALERMO. Emozione, gioia, consapevolezza che «nel confronto sereno con gli altri, nell'ascolto delle opinioni altrui» i cardinali sono riusciti a scegliere l'uomo giusto. C'è un pezzo di Sicilia protagonista della svolta della Chiesa cattolica del XXI secolo. Il cardinale Paolo Romeo, acese di nascita, palermitano d'adozione, visto che guida l'arcidiocesi di Palermo dal 2006, è uscito da meno di ventiquattro ore dalla Cappella Sistina, dove si sono decise le sorti del prossimo futuro della Chiesa. Nella serata di mercoledì gli è stato restituito il telefono cellulare, vietato durante le operazioni del Conclave, ed è stata interrotta la «clausura».
Una mattinata tranquilla ieri al Santa Marta, in attesa della prima messa pomeridiana col nuovo Pontefice. Negli occhi ancora l'emozione per quella piazza San Pietro gremita all'inverosimile, osservata per la prima volta dal balcone del Palazzo apostolico, quello a destra guardando la loggia delle benedizioni da cui si è affacciato Papa Francesco. Uno spettacolo che resterà a lungo negli occhi e nel cuore del cardinale Romeo.
Eminenza, quali sono state le sue prime impressioni dopo l'elezione di Bergoglio e dopo le prime parole dalla loggia al popolo accorso ad abbracciarlo?
«Direi impressioni ottime. La figura di Papa Francesco è caratterizzata da una serie di primizie molto importanti: il primo Pontefice extraeuropeo, il primo gesuita, il primo che prende il nome di Francesco. Già dalle sue prime parole ha voluto mettere un segno forte sulla semplicità, sulla sua vicinanza al popolo, che è una caratteristica della Chiesa sudamericana. Ma si è resa presente anche la forte spiritualità, con la richiesta della preghiera nel silenzio. Ha dimostrato subito di essere un uomo di Dio ben strutturato e anche pastore. La sua immediatezza nel parlare: forse è questo che mi ha impressionato di più».
Sul Giornale di Sicilia in edicola la versione integrale dell’intervista.