PALERMO. «Una scelta sconvolgente», ma che rivela «la fortezza evangelica» di questo Papa. Il cardinale Salvatore De Giorgi, arcivescovo emerito di Palermo e componente della Commissione cardinalizia d’inchiesta sullo scandolo Vatileaks, è stato testimone diretto del momento in cui Benedetto XVI ha annunciato la sua rinuncia al soglio pontificio.
Eminenza, qual è stato il suo primo pensiero ascoltando le parole del Santo Padre durante il Concistoro?
«Ero andato al Concistoro con la gioia per l’annuncio della canonizzazione degli ottocento Martiri di Otranto. Ma la gioia si è tramutata alla fine in stupore e tristezza per una comunicazione che non avremmo mai voluto ascoltare. Una comunicazione sconvolgente, ma data con la serenità rasserenante di chi ha maturato tale decisione, consapevole della gravità di questo atto, e quindi con grande senso di responsabilità, dopo aver ripetutamente esaminato la sua coscienza davanti a Dio, e per il bene della Chiesa, come egli stesso ha precisato. Un gesto non di debolezza ma di fortezza evangelica, rilevatore della robusta spiritualità di questo grande Papa, indubbiamente il più insigne teologo del nostro tempo, ma soprattutto l’uomo di Dio, che si lascia illuminare e guidare da una fede adamantina per discernere e fare unicamente la volontà di Dio. Merita, per questo, rispetto, comprensione e ammirazione, anche come messaggio forte a quanti nell’esercizio dell’autorità o del potere si ritengono insostituibili. E merita soprattutto gratitudine per quanto ha dato e donato alla Chiesa e al mondo in questi otto anni di Pontificato».
Quali motivi, secondo lei, hanno portato davvero Benedetto XVI a compiere questo gesto di rinuncia?
«Li ha precisati, senza esitazioni e con serenità, egli stesso, con parole che non lasciano spazio ad arbitrarie e fuorvianti dietrologie purtroppo dominanti nei media. E bisogna credergli. Ha detto che è pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino. Questa, e non altre, è la vera ragione di una decisione così singolare della quale, con discernimento evangelico, ha misurato tutta la portata e la gravità. Una decisione di eccezionale coraggio, ma soprattutto di grande amore nei confronti della Chiesa».
Che peso hanno avuto gli scandali degli ultimi mesi?
«Benedetto XVI ha affrontato i problemi e le difficoltà che oggi, come da venti secoli, sin dai tempi apostolici, non mancano nella Chiesa, fatta di uomini e non di angeli. Li ha affrontati e li sta affrontando ancora, con lucidità e con decisione, con mitezza e con fermezza, con coraggio e con tempestività, con iniziative tanto inedite quanto lungimiranti. Personalmente sono rimasto colpito sempre, anche negli ultimi mesi, anche in questi giorni da lui detti non facili, dalla sua serenità umile e dignitosa, illuminata da una fede viva, sorretta da una speranza incrollabile, animata da una squisita carità pastorale e costantemente alimentata dalla certezza evangelica, espressa giovedì scorso al Clero romano: Insieme andiamo avanti con il Signore, nella certezza: Vince il Signore!».
Si è parlato di un Papa molto solo, vittima di lotte di potere e divisioni. Proprio lui nell’omelia delle Ceneri ha fatto cenno al volto della Chiesa «deturpato», alle «divisioni nel corpo ecclesiale». Cosa va cambiato?
«Papa Benedetto, come Gesù, ha sempre indicato nella comunione ecclesiale la condizione ineludibile della credibilità e dell’efficacia della evangelizzazione, della missione della Chiesa, il cui volto nella sua storia bimillenaria è stato sempre deturpato dalle grandi e meno grandi colpe contro la sua unità. E in questo senso vanno intese le sue parole nell’omelia della messa del Mercoledì delle Ceneri: un invito a tutta la Chiesa, indistintamente a tutti i cristiani, a cominciare da noi pastori, nello spirito penitenziale e di conversione della Quaresima. È questo il fondamentale e costante cambiamento in ogni tempo Ma parlare di un Papa molto solo, vittima di lotte di potere e divisioni, è fuorviante. Più volte ha smentito lui stesso di sentirsi o di essere lasciato solo. È significativo quanto ha detto a noi Cardinali nell’ultimo Concistoro: Carissimi confratelli, vi ringrazio di vero cuore per tutto l’amore e il lavoro con cui avete portato con me il peso del mio ministero. Sono parole precise, dette da un uomo trasparente, amante della verità, che non ha mai camuffato o tradito i suoi sentimenti, per cui non possono essere equivocate».
La Sicilia è grata a Benedetto XVI per il dono del riconoscimento del martirio di don Puglisi, come ha detto qualche giorno fa anche il cardinale Romeo. Il Papa, durante la visita a Palermo, ha indicato il sacerdote ucciso a Brancaccio come esempio da seguire. Durante questi anni le è capitato di parlarne con il Papa?
«Gli ho parlato di don Puglisi sin dal primo incontro con lui appena eletto Papa nella Cappella Sistina. Mi sono inginocchiato davanti a lui, e lui mi ha abbracciato dicendo sorridente: Ecco Palermo, ecco la Sicilia.“Palermo, che Lei ha conosciuto, Beatissimo Padre, - ho risposto - è certamente felice per la sua elezione e si augura dal suo Pontificato la grazia più attesa dal Signore, la beatificazione del sacerdote don Pino Puglisi, ucciso dalla mafia”. Alcuni mesi dopo, in una udienza privata, sono tornato a parlargli a lungo della vita sacerdotale e del martirio di don Pino, sottolineando l’importanza ecclesiale, pastorale e sociale del riconoscimento da parte della Chiesa del suo martirio sacerdotale. Mi ha ascoltato con viva attenzione e mi ha detto: Lo porto nel cuore. Una frase molto significativa, riferita col suo consenso anche alla stampa. Di padre Puglisi ho parlato col Papa anche in aereo in occasione della sua visita pastorale a Palermo, dalla quale è rimasto positivamente impressionato sia per l’eccellente organizzazione sia per la partecipazione numerosa e calorosa dei fedeli, in particolare dei giovani, a onore della Chiesa palermitana e del suo Pastore. Per me, tuttavia, la più emozionante sorpresa è stata quando nel novembre scorso dalla Segreteria di Stato ho ricevuto la comunicazione che in occasione della Celebrazione del Rito di Beatificazione del Venerabile Servo di Dio Giuseppe Puglisi, sacerdote diocesano, disposta per il 25 maggio 2013, per Venerato Incarico, Vostra Eminenza rappresenterà il Santo Padre. Mi sono commosso. E la commozione è cresciuta quando, nel ringraziarlo di persona, il Santo Padre mi ha detto: L’ho fatto con tutto il cuore. Benedetto XVI comunque resterà per Palermo soprattutto come il Papa dei due martiri siciliani: il Beato Padre Francesco Spoto e il prossimo Beato Padre Pino Puglisi.
La rinuncia del Papa è una decisione senza precedenti in epoca moderna. È possibile parlare di scelta rivoluzionaria? Cosa cambierà da questo momento in poi nel governo della Chiesa?
«È stata indubbiamente una scelta sconvolgente, senza precedenti in epoca moderna. Ma parlare di scelta rivoluzionaria è eccessivo. Nella Chiesa ogni novità deve essere collocata nella sua storia di mistero di salvezza, guidata dallo Spirito Santo, per cui ogni novità, anche la più sorprendente, è nella linea della continuità, sempre aperta all’azione dello Spirito e ai segni dei tempi. La decisione di Benedetto XVI è personalissima: risponde a una sua liberissima scelta personale, che non obbliga i suoi successori e non intacca, né cambia, la struttura gerarchica della Chiesa e il suo governo».
Quali sono i problemi più urgenti che il nuovo Papa si troverà ad affrontare?
«Certamente l’urgenza primaria e fondamentale per tutta la Chiesa è riscoprire e rispondere alla chiamata di tutti alla santità, radice della comunione ecclesiale e forza propulsiva della missione nel mondo. Il nuovo Papa dovrà tenerne conto e affrontarli: non da solo, ma insieme con tutti i cristiani».
Questa volta lei non entrerà in conclave, ma potrà pregare e partecipare al clima che circonderà l’elezione del nuovo Papa. Che cosa si augura?
«Mi auguro che da tutti i fedeli e non soltanto da noi Cardinali si intensifichi la preghiera allo Spirito Santo, perché i Cardinali elettori sappiano discernere chi secondo Dio deve essere eletto per guidare la Chiesa, che Papa Benedetto ha affidato alla cura del suo Sommo Pastore, Nostro Signore Gesù Cristo e alla bontà materna della sua santa Madre Maria».
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