Perché celebrare la ritrovata libertà senza se e senza ma
Quello di quest’anno è un 25 Aprile speciale perché ricorrono gli ottant’anni dalla liberazione dal nazifascismo. Ciononostante si continua ancora a discutere, anche tra le forze politiche, sul significato di questa festa, sulla consapevolezza che di essa hanno gli italiani e sulla sua capacità di unire il Paese su quei valori e ideali che si presumono condivisi da ciascuno. Sappiamo che purtroppo non è così e che quello che dovrebbe essere un giorno di unità nazionale diviene spesso motivo di divisione e polemiche. Il principale ostacolo che tale anniversario incontra è la sua inequivocabile natura antifascista, condizione nella quale - ahimè! - non tutti ci riconosciamo. Eppure fu Aldo Moro che, durante i lavori della Costituente, disse con energia che il testo che l’assemblea si accingeva ad approvare non doveva considerarsi neutro e nemmeno afascista, ma dichiaratamente antifascista. Ma cosa vuol dire esattamente tale definizione? Per rispondere occorre soffermarsi sul significato di fascista, nozione che forse non è molto chiara e che proprio per questo continua a suscitare una certa seduzione, sfortunatamente pure tra i più giovani. Non è facile rispondere in poche battute, ma possiamo provare a dissipare alcuni equivoci. Il fascismo non è una mera dottrina politica di destra, posizione quest’ultima del tutto legittima. Ma è un’ideologia illiberale, antiparlamentare ed esplicitamente violenta. Quando nel 1919 nacque, nella milanese Piazza San Sepolcro, non era affatto un movimento conservatore, ma anticlericale, antimonarchico e nemico dello Stato liberale. La mancanza di un riferimento filosofico autorevole, permise a Benito Mussolini, nel 1921, di riformulare per opportunismo il suo programma in senso nazionalista, avvalendosi di un pensatore come Giovanni Gentile, che ci vide l’inveramento della concezione hegeliana dello Stato. Essere fascista, è bene ribadirlo, vuol dire dunque accettare l’uso della violenza per raggiungere e affermare i propri obiettivi. Significa non amare la libertà, disprezzare le idee altrui e volerne impedire la libera espressione anche a costo di sopraffare chi la pensa diversamente. Questa è l’essenza di un regime che si paludava di parate e saggi ginnici per nascondere la sua indole aggressiva e arrogante, che prometteva lavoro e sicurezza e assassinava gli oppositori, che esaltava la patria e la famiglia e conculcava sistematicamente la dignità degli esseri umani. Credere allora che la guerra sia stato l’unico errore commesso da Mussolini sarebbe una colossale mistificazione oltre che un imperdonabile falso storico. Quello che preoccupa, oggi, è il frequente ricorso alla violenza becera e l’imbarbarimento delle relazioni umane, che potrebbero rappresentare rigurgiti se non proprio dell’ideologia, dello stile fascista. Questo dovrebbe costituire una ragione in più per festeggiare la ritrovata libertà e ripudiare con forza tutto ciò che potrebbe minacciarla.