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L'Europa ritrovi la propria identità: fa paura il metodo usato da Trump con Zelensky

Non c’è da augurarsi una rottura della storica alleanza con gli Stati Uniti, ma non è più scontata una mutua solidarietà. È necessario scegliere

Patria. Democrazia. Europa. Tre parole che oggi dovrebbero designare uno spartiacque tra chi vuole costruire un futuro di libertà per tutti noi e i nostri figli, e chi invece alimenta l’odio tra i (e nei) popoli e lavora per un mondo in cui deve vincere il più forte. Dopo l’incontro show nello Studio Ovale tra Zelensky e Trump non si può più indugiare, occorre schierarsi. E non (o non solo) in favore dell’uno o dell’altro, ma a difesa dei nostri interessi nazionali, e cioè italo-europei. Quel che è arrivato al culmine è finalmente (e insieme purtroppo) sotto gli occhi di tutti grazie a questa angosciante messa in scena preparata dall’amministrazione americana.

Per la Casa Bianca non importano le ragioni di un conflitto, distinguere e tener conto di chi ha aggredito e chi ha subito l’aggressione, importa soltanto chi è più forte e quindi ha «le carte giuste in mano». Secondo Trump, tra Ucraina e Russia, quest’ultima ha ragione semplicemente perché è più potente della prima e stravincerebbe senza l’aiuto di Usa e Europa. Punto. Aiutare gli ucraini avrebbe senso per gli americani, secondo la nuova dottrina del tycoon, solo e soltanto se in cambio venissero concesse le terre rare e comunque in un quadro in cui si dovranno cedere porzioni del territorio conquistato dai russi in questi anni di guerra, e soprattutto senza assicurazioni per il futuro: ossia niente protezione Nato per il paese di Zelensky.

Ma oltre alla sostanza di politica estera, c’è un dato di metodo nelle relazioni internazionali che fa davvero paura: incontrare Trump e il suo vice Vance alla Casa bianca da ieri è un rischio per qualsiasi leader del mondo. Non puoi sapere come se ne esce! Sia consentito l’azzardato e irriverente paragone, ma gli inviti del Presidente americano cominciano ad assomigliare alle convocazioni del boss Totò Riina, come mi ha detto un amico con passaporto americano in tasca: i sodali non sapevano se andare per paura di non uscirne vivi!

Ma torniamo alle tre parole iniziali. Patria. Democrazie. Europa. Incorporata nella nuova dottrina di politica estera americana, infatti, c’è l’avversione contro l’Unione europea, realizzata «per fregare gli americani», ha detto Trump, a cui la franchezza non fa difetto. Ecco la domanda: come si fa a rimanere euro-atlantici se il tuo partner ti considera alla stregua di uno che vuole «fregarti»? Beninteso, nessuno deve augurarsi una rottura della storica alleanza tra Europa e Usa che ha garantito più di mezzo secolo di pace e prosperità a noi europei (e agli americani). E tuttavia un profondo ripensamento non è rinviabile. Se aggiungiamo la preannunciata politica dei dazi contro le esportazioni europee da parte americana, qualche conto bisognerà pur farlo. Da una posizione che non potrà certo essere quella di sempre, ossia di dare per scontata una mutua solidarietà: piuttosto, occorrerà farsi trovare uniti, come europei, e far capire che – come è stato efficacemente scritto da Galli della Loggia – «l’impero americano senza l’Europa non esiste», in termini geopolitici, economici e culturali.

Insomma, oggi certamente l’Europa non brilla per unitarietà di intenti, e però questo non è sufficiente per declassarla a mera variante della politica internazionale americana, a meno che l’amministrazione Trump non pensi davvero che il nuovo ordine mondiale dovrà venir fuori da un’alleanza inedita Usa-Russia che provi a ridimensionare la Cina e umiliare l’Unione europea. Che francamente pare uno scenario non solo irrealistico bensì anzitutto inaccettabile politicamente per noi europei.

Ecco, noi europei. In Italia che ne pensiamo davvero di un «noi europei»? Nei commenti che si leggono nei principali quotidiani nazionali, si assiste sempre più a inquietanti sintonie tra giornali considerati «di destra» e giornali considerati facenti parti del campo avverso: una «sinistra» sintonia nel ritrovarsi d’accordo nel non riconoscere all’Ucraina lo status di nazione democratica aggredita dalla Russia, e invece nel riconoscere a Trump una generica «volontà di pace», il tutto condito da una marginalizzazione anche in futuro del possibile ruolo in politica estera, ivi compresa la difesa comune, dell’Unione europea. Ebbene, bisogna far chiarezza nella politica italiana: qual è la nostra patria, qual è la nostra democrazia di riferimento? Quella europea, dell’Ue e delle singole nazioni democratiche che ne fanno parte? O quella americana, o ancora peggio quella russa? Dove stanno i nostri interessi di patrioti italo-europei? Nell’UE o altrove?

Lasciamo stare per un momento destra e sinistra, lasciamo stare la tradizionale conflittualità domestica, e pensiamo al futuro dei nostri figli: prendano posizione tutti i partiti su un punto semplice e fondamentale, questo futuro lo immaginano con la bandiera blu e le 12 stelle dorate dell’UE o con un altro sfondo?

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