Una fine orribile. Uno strazio per i parenti, gli amici, i colleghi. Per gli stessi vigili del fuoco, i poliziotti, i carabinieri, gli operatori del 118 intervenuti in massa. E poi a seguire il solito immancabile corollario di addolorate reazioni, la solita trita e ritrita liturgia di comunicati indignati e la solita strumentale e demagogica sarabanda di diti puntati a freddo contro i bersagli grossi, senza che neanche fosse ancora chiaro cosa sia successo veramente in quelle maledette fogne assassine.
L'olezzo fetido dei liquami che da lì sotto emanava da giorni, ieri intorno a ora di pranzo è stato tragicamente soppiantato dal tragico miasma della morte. Non basteranno le lacrime di mogli e figli a cancellarlo. Né lo scoramento degli addetti ai lavori o i gonfaloni istituzionali listati a lutto durante i funerali. Serviranno piuttosto indagini accurate, serie, meticolose.
Inquirenti capaci di fendere il pesante e pericoloso drappo di puro pathos che sta già avvolgendo questa ennesima tragedia. Serve chiarezza, senza sconti e senza remore emotive. Perché è potuta succedere una cosa del genere? Ha ragione il comandante dei vigili del fuoco quando dice che adeguate precauzioni avrebbero evitato agli operai di morire uno dopo l'altro nelle fognature, come topi in trappola? Ha ragione il presidente dell'Amap, che sposa la stessa tesi, definendo assurdo e incomprensibile il mancato uso di mascherine di protezione? O piuttosto hanno ragione i sindacati, che si sono immediatamente affrettati a proclamare uno sciopero per oggi, tornando ad additare la logica del profitto e del risparmio architettata sulla testa dei lavoratori?
È più che verosimile che entrambe le versioni siano realistiche, al punto da mischiarsi e confondersi fra esse, in un cocktail micidiale di imperizia, imprudenza, impreparazione, approssimazione che rende sterile un dibattito fondato essenzialmente sulle statistiche. A che serve crogiolarsi sul fatto che fino a 50 anni fa ne morivano almeno quattromila all’anno, se poi si scopre che da tre decenni norme teoricamente più stringenti e progresso tecnologico virtualmente più incline alla sicurezza non riescono mai a far scendere le stragi sul lavoro sotto quota mille morti all’anno? E serve per caso a qualcosa baloccarsi su quello striminzito -2 e spiccioli di calo percentuale di vittime nel primo trimestre di quest’anno rispetto allo stesso periodo del 2023? Conta il dato assoluto: 191 morti a fine marzo secondo Inail (e dunque abbiamo già sfondato quota 200).
Persone, non numeri. La logica dei subappalti a basso costo cui ricorrono anche aziende comunali sempre più asfittiche nei conti e negli organici - e quelle palermitane, Amap e non solo, sono pienamente accodate al trend - finisce per sforbiciare gli oneri di sicurezza, che pure devono essere fondamentali. Se poi i controlli latitano e le conseguenti sanzioni mancano, allora il rischio deregulation aumenta. Resta però al momento senza risposta la prima e più angosciante delle domande: perché quegli operai sono scesi nelle fogne senza adeguata protezione? Chi lo ha deciso? Sotto inquadrati e privi della dovuta formazione o tragicamente imprudenti? Di chi è la responsabilità? Bando a ipocrisie e preconcetti, si dovrebbe ripartire tutti insieme - innocentisti e colpevolisti per partito preso - dall’esigere intanto una risposta a questo interrogativo.
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