Totò Lentini non ci sta. La sua lista, Alleanza per Palermo, non ha centrato per poco il raggiungimento del quorum del 5 per cento, fermandosi al 4,35 con 8.150 voti di lista e sospetta che qualcosa ai seggi non sia andato per il verso giusto. Per questo è stato presentato un dettagliato esposto alla Digos, con l’obiettivo di riequilibrare il risultato. Ed è il primo ricorso di cui si ha notizia: adesso se ne teme una pioggia, soprattutto per i disservizi legati alla mancanza dei 174 presidenti di seggio, che ha provocato un’apertura in forte ritardo delle operazioni elettorali. La denuncia è a firma di Paola D’Arpa, presidente del movimento, nonché moglie del parlamentare regionale autonomista. La donna immediatamente sottolinea una incongruenza sulla base dei dati ufficiali offerti dal portale del Comune. E cioè i voti di lista attribuiti sono 8.150, mentre nella sottosezione preferenze, «sommando le preferenze di ciascun candidato, risulta che la stessa lista abbia ottenuto 8.763 voti». Ma non finisce qua. Secondo il racconto che viene prospettato negli uffici della questura, il delegato della lista, Salvatore Di Trapani «ha avuto accesso ai verbali delle 600 sezioni elettorali e ha riscontrato gravi anomalie che evidenziano la falsità e la non attendibilità dei dati ufficiali del Comune e gravi irregolarità nelle verbalizzazioni delle operazioni elettorali». Parole gravi, situazioni circostanziate, elementi riportati con precisione posti all’attenzione degli inquirenti e del magistrato dell’ufficio elettorale che in queste ore sta esaminando le carte e procedere alla proclamazione ufficiale dei quaranta eletti in Consiglio comunale e di quelli negli otto consigli di circoscrizione. Il documento analizza i risultati, sommando le preferenze che risultano dai verbali: 9088 «anziché 8150 risultanti dal portale. Con un ammanco di 938 voti». Il che, secondo alcuni, basterebbe a consegnare la vittoria alla formazione di Lentini che, così, entrerebbe con propri consiglieri a Sala delle Lapidi provocando un mezzo terremoto. Perché, ad esempio, una rivisitazione delle preferenze potrebbe fare calare di qualche decimale altre liste che dovrebbero rinunciare alle festa ridimensionando il successo e lasciando fuori qualche candidato che al momento è dato per vittorioso. Lentini ci spera, ovviamente. Già cinque anni fa, alle amministrative del 2017, davvero per un nonnulla la sua lista è rimasta fuori dal Consiglio. Questa volta gli è sembrato un replay sospetto. «Palermo è una città da terzo mondo. Di tutto quello che è successo con i seggi aperti in ritardo e il diritto di voto negato, non c’è stata nessuna parola, le istituzioni sono rimaste in silenzio, mi vergogno davanti ai cittadini che a gran voce chiedono conto e ragione alla politica. Qua o cambiamo le cose oppure bisogna cambiare città. Non è una resa, ma una condizione che non posso far pesare anche ai miei figli». Inoltre, il rapporto denuncia la mancanza di verbali di 37 seggi; mentre i verbali di 29 sezioni vengono in qualche modo definiti incompleti, confusi, contraddittori. Viene accolta con un certo scetticismo la notizia, ad esempio, che nelle sezioni 12, 15, 48, 57, 60, 63 Alleanza per Palermo non ha preso nemmeno un voto. Mentre altri 63 documenti «sono incompleti in quanto non risultano compilati in ogni loro parte e dunque non consentono di potere evincere con chiarezza il totale dei voti di lista e inoltre si evince che sono state considerate nulle le schede nelle quali l’elettore ha manifestato il voto disgiunto che invece poteva legittimamente esprimere». Il rapporto si conclude con la richiesta di «disporre gli opportuni accertamenti in ordine ai fatti esposti, valutando gli eventuali profili di illiceità penale e, nel caso, individuare i responsabili e procedere nei loro confronti».