Mafia e politica, Cuffaro sbotta: «La sentenza dice che non sono colluso con Cosa nostra»
Provato da settimane di attacchi e polemiche per essere di nuovo in campo con la sua Dc Nuova e una lista in sostegno di Roberto Lagalla, candidato sindaco per il centrodestra a Palermo, Totò Cuffaro appare come un leone ferito. Non ci sta a finire ogni giorno nel tritacarne e reagisce. «Non sono mai stato ritenuto affatto colluso con la mafia dalla sentenza che ho subito», sbotta l’ex governatore che ha scontato a Rebibbia la condanna definitiva a sette anni per favoreggiamento aggravato alla mafia e rilevazione di segreto istruttorio. Una condanna che, proprio a causa dell’aggravante, gli è costata anche l’interdizione perpetua dai pubblici uffici. E ora che è tornato in pista per il voto a Palermo, Cuffaro si trova al centro delle tensioni elettorali, assieme a Marcello Dell’Utri, condannato in via definitiva per concorso esterno alla mafia e «colpevole» dell’endorsement a Lagalla. Cuffaro ricorda che lui non è stato condannato per concorso esterno in associazione mafiosa. «In tutti e tre gradi di giudizio relativi al processo per questa accusa - afferma l’ex Governatore - è stato escluso che sia stato legato da un rapporto collusivo con la mafia perché i giudici hanno ritenuto inesistente il patto di natura politico-mafiosa o di scambio elettorale con l’organizzazione mafiosa di cui ero stato infondatamente accusato». Cuffaro spiega di tornare «sui fatti relativi ai processi» per «ristabilire la verità storica e processuale della vicenda giudiziaria» dopo «l’inaccettabile e crescente disinformazione non più tollerabile» delle cronache di questi giorni. Per l’ex governatore, ora commissario della Dc Nuova, la sentenza «col sigillo della Corte di Cassazione“ dovrebbe indurre «i detrattori a porre fine all’insopportabile travisamento della realtà cui abbiamo assistito ormai da settimane, perché non corrisponde al vero né alla realtà processuale che sia stato ritenuto in rapporto organico con la mafia». Riguardo alla condanna definitiva e alla pena che ha scontato a Rebibbia, Cuffaro dice: «E’ legata al solo favoreggiamento personale che mi è stato contestato nei confronti dell’amico Mimmo Miceli e soltanto indirettamente nei confronti di Giuseppe Guttadauro, col quale quest’ultimo si relazionava». “Ho commesso degli errori, ho sbagliato e ho pagato - ripete l’ex governatore - Per me ora la politica è impegno ideologico, non cerco e non voglio potere, questo è il passato col quale ho chiuso: il mio approccio è cambiato. Se la lista della Dc a Palermo supererà la soglia di sbarramento non chiederò nemmeno un assessore, non m’interessa. Voglio solo fare crescere i giovani attorno ai valori democristiani».