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Mafia a Palermo, confisca da otto milioni per il titolare della catena Bagagli

Arriva una nuova confisca di beni da 8 milioni di euro per il titolare della catena di negozi Bagagli, Filippo Giardina, e per quello che gli inquirenti considerano un prestanome,  Salvatore Milano, entrambi di 66 anni. Confiscati i punti vendita della catena dei negozi di moda Bagagli di via Libertà, di via Messina  e di via XX settembre e una tabaccheria di via Messina Marine.

Con lo stesso provvedimento, però, il tribunale ha disposto il dissequestro di altri beni tra appartamenti, magazzini, terreni e disponibilità finanziarie in favore dei parenti di Filippo Giardina e Salvatore Milano.

La sezione misure penali del tribunale ha inoltre disposto la sorveglianza speciale di polizia con obbligo di soggiorno a Palermo per Salvatore Milano (quattro anni), per Filippo Giardina  tre anni. Il provvedimento scaturisce da due distinte proposte del Procuratore della Repubblica di Palermo, depositate nel 2013 e nel 2014, che avevano già portato al sequestro dei loro beni, costituiti da partecipazioni sociali, compendi aziendali, beni immobili e mobili registrati, rapporti bancari.

Le indagini della Dia, coordinate dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi e dal sostituto Dario Scaletta sono iniziate nel 2007. In quell’anno fu trovato un appunto nel covo dei boss latitanti Salvatore e Sandro Lo Piccolo in cui si faceva riferimento alla catena di negozi Bagagli. Tra i collaboratori di giustizia che hanno ricostruito biografia criminale e la parabola economica di Milano e di Giardina ci sono: Manuel Pasta, Marcello Trapani, Andrea Bonaccorso, Antonino Nuccio, Fabio Manno. È così emersa una rilevante sperequazione fra i redditi dichiarati da loro e dai rispettivi familiari, in relazione agli acquisti ed agli investimenti effettuati, ritenuti viziati dall’impiego di capitali di provenienza illecita.

Il collaboratore Manuel Pasta ha raccontato un episodio in cui fu apposta colla sulle serrature di alcuni punti vendita Bagagli, perché non erano stati pagati tremila euro in favore dell’organizzazione mafiosa sia a Pasqua che a Natale. A seguito di una riunione tenutasi a Borgo Vecchio, Giovanni Nicchi, vista la riconducibilità della catena Bagagli a Milano dapprima disse di considerare i pagamenti non come un’estorsione, bensì come un doveroso contributo di solidarietà nei confronti delle famiglie dei detenuti, promettendo di occuparsi lui personalmente di garantire il rispetto degli impegni assunti e di far avere i pagamenti alla famiglia di Resuttana. Di fatto però i versamenti non vennero più corrisposti.

Su Salvatore Milano sono emerse importanti dichiarazioni accusatorie rese nel corso del maxi processo, nell’ambito del quale è stato condannato, insieme al fratello Nunzio, per associazione mafiosa dalla Corte d’Assise d’Appello di Palermo. Tommaso Buscetta e Salvatore Contorno hanno detto che Milano è il socio occulto delle società del marchio Bagagli. Milano è stato arrestato nel 2008 e condannato in via definitiva dalla Corte d’Appello di Palermo per associazione mafiosa nell’ambito dell’operazione Perseo, che aveva portato alla luce il primo tentativo di ricostituire la commissione provinciale di Palermo di cosa nostra.

L’analisi dei flussi finanziari esaminati dalla Dia hanno evidenziato passaggi di denaro di provenienza sospetta, ingenti entità di versamenti in contanti, dubbie vincite al lotto, ritenute dal tribunale simulate attraverso un collaudato sistema di cessione di titoli vincenti. I giudici hanno inoltre rilevato non solo una sostanziale coincidenza temporale tra l’epoca dell’intestazione fittizia di quote delle società ad esponenti familiari di Filippo Giardina e l’espansione delle attività compiute sotto l’insegna Bagagli, ma anche l’impossibilità di risalire all’origine della provvista per alcune operazioni commerciali, la presenza nei loro conti di importi incompatibili con i redditi dichiarati, l’insufficienza di risorse lecite necessarie a fare fronte agli investimenti connessi alla partecipazione nelle società.

Gli elementi raccolti hanno portato all’emissione del provvedimento di confisca, meno di un mese fa, da 69 milioni di euro, che ha colpito i beni di Filippo Giardina o di membri del suo nucleo familiare e i beni riconducibili a Salvatore Milano. Sono stati confiscati l’intero capitale sociale e relativo compendio aziendale di tre società di capitali, i beni aziendali di un’impresa individuale, sette appartamenti, un’autorimessa, quattordici terreni, quote di immobili, quattro automobili, due moto ed uno yacht, conti correnti, titoli, depositi bancari e varie disponibilità finanziarie.

Salvatore Milano è ritenuto dagli inquirenti il boss della famiglia mafiosa di Palermo Centro e gestore della cassa delle famiglie del mandamento di Porta Nuova, Milano si sarebbe occupato del sostentamento degli esponenti mafiosi detenuti o da poco scarcerati con i suoi fondi illeciti. La sorella Angela di 63 anni, era sposata con Giuseppe Greco, figlio di Michele detto il Papa. Angela Milano è la madre di Leandro Greco, di 29 anni, detto Michele. Leandro è stato sottoposto a fermo, nel gennaio di quest’anno, nel seguito dell’operazione Cupola 2.0.

Secondo gli inquirenti Salvatore Milano avrebbe intrattenuto rapporti con dirigenti, allenatore e giocatori del “Palermo calcio” che avrebbero offerto gratuitamente la loro immagine a Bagagli per fini pubblicitari. Nello specifico, la Bagagli S.a.s. avrebbe stipulato con la U.S. Palermo S.p.A. un contratto per la sponsorizzazione pubblicitaria all’interno dello stadio Renzo Barbera di Palermo dal campionato nazionale di calcio 2002-2003 fino al campionato 2005-2006.

Secondo gli inquirenti Giardina è il cugino acquisito di Milano sposato con una cugina. Giardina è stato il formale intestatario delle attività economiche svolte sotto l’insegna Bagagli. È ritenuto legato a Giovanni Nicchi, boss della famiglia di Pagliarelli, la cui sorella lavorava presso uno dei suoi negozi.

Filippo Giardina e la sua compagna Anna Falluccca, insieme ad altre due persone responsabili del personale delle società Bagagli, nel 2015, sono stati indagati dalla Procura della Repubblica di Palermo con l’accusa di estorsione continuata in concorso. Secondo le accuse, i quattro, con minacce di mancata assunzione o di licenziamento, avrebbero costretto ventisei lavoratori dipendenti ad accettare emolumenti inferiori (da 200 a 300 euro mensili) rispetto a quanto indicato in busta paga. I dipendenti sono stati costretti a svolgere attività lavorativa per un monte ore tipico dell’inquadramento di lavoro full time, pur ricevendo uno stipendio corrispondente ad attività lavorativa part time. Inoltre non hanno ricevuto la quattordicesima mensilità, pur sottoscrivendo la relativa busta paga. I lavoratori hanno usufruito annualmente di sole tre settimane di ferie al posto dei complessivi ventisei giorni contrattualmente previsti. Hanno usufruito solo di mezza giornata libera al mese e non ogni settimana, così come previsto dall’inquadramento contrattuale. Lo stesso trattamento sarebbe stato riservato ai dipendenti del negozio Bagagli con sede in corso Italia a Catania. A conclusione di indagini svolte dal centro operativo della Dia di Palermo, i quattro sono stati rinviati a giudizio.

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