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"Fallimento e soldi in Svizzera": sequestro per la Latte Puccio di Capaci, titolari ai domiciliari

Gli amministratori dell'azienda Latte Puccio  accusati di bancarotta fraudolenta. È così scattato il sequestro di beni da 15 milioni di euro di cui 5 che sarebbero stati distratti dall'azienda e portati in Svizzera e 10 che corrispondono al valore dell'attività.

L'autorità giudiziaria e i finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Palermo, al termine di indagini coordinate dalla Procura della Repubblica del capoluogo di Regione, hanno posto agli arresti domiciliari l’amministratore della società, Giuseppe Valguarnera, e la compagna Caterina Di Maggio, ex amministratrice, vedova dello storico patron dell'azienda, Enzo, deceduto nel 2000. L'azienda è stata posta in amministrazione giudiziaria.

La stragrande maggioranza dei lavoratori della Latte Puccio era stata licenziata nei mesi scorsi e solo in sei sono rimasti al lavoro. In realtà, secondo gli inquirenti, gli amministratori dello storico caseificio di Capaci avrebbero fatto fallire l'azienda per poi traferire 5 milioni di euro in conti in Svizzera.

I due indagati devono difendersi dall'accusa di bancarotta fraudolenta, per aver svuotato l'azienda e trasferito le attività a un’altra ditta.

"L'autorità giudiziaria e gli inquirenti della guardia di finanza hanno cercato di lavorare in tempi brevi, raccogliendo il grido di dolore dei lavoratori licenziati - spiega il tenente colonnello della guardia di finanza di Palermo Danilo Persano -. Gli amministratori svuotando l'azienda di valore hanno anche messo in ginocchio le tante società e aziende del territorio che lavoravano e collaboravano con l'azienda Latte Puccio. Tutto il tessuto imprenditoriale locale è stato messo economicamente  in ginocchio.

La Flai intanto chiede un tavolo in Prefettura e un'interlocuzione immediata con l'amministratore giudiziario dopo l'inchiesta della Guardia di finanza. “Tutele sia per i 12 lavoratori licenziati che per i 6 rimasti. L'azienda deve continuare a produrre”, dicono.

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