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Palermo, gli inglesi dove sono?

La svolta (forse) c’è stata ma non si vede per niente. Pochi soldi in cassa e allenatore alla sbarra dopo le prime sconfitte. Finora niente di nuovo, con una serie di allarmanti parallelismi con lo scorso campionato. Cinque punti di vantaggio alla fine dell’andata sulla terza, la cessione del miglior difensore (Struna come Cionek) in scadenza di contratto, il prestito di Embalo e la flessione all’inizio del girone di ritorno. Qualcuno potrà dire: ma questi inglesi cosa sono venuti a fare? Per portare Gunnarsson creando attriti tra Foschi e Stellone? L’idea che vogliano fare le cose con calma, mettere prima ogni tessera al proprio posto sul piano formale e poi iniziare a lavorare davvero è suggestiva ma c’è un piccolo problema: il Palermo deve andare in A. E, se non vuole rischiare di ripetere l’epilogo della scorsa stagione, deve fare qualcosa sul mercato che chiude giovedì sera.

Dunque alla proprietà inglese rappresentata da Facile restano tre giorni per dimostrare di essere venuti a Palermo per portare avanti un progetto, anzi per essere davvero venuti a Palermo. Perché a noi sembra normale che una nuova proprietà che ha la meravigliosa occasione di tornare in A, dove tutto cambia soprattutto per quanto attiene ai proventi dei diritti tv, non lasci nulla di intentato per farlo.

Il Palermo, peraltro, non deve essere rifondato, ha bisogno di tenere i migliori giocatori e di un paio di inserimenti a centrocampo. E una proprietà solida e lungimirante non può lasciare tutto sulle spalle di Foschi – una specie di ministro senza portafogli - limitandosi a ingaggiare un norvegese senza storia che non gioca da luglio e che non conosce il calcio italiano.

Insomma, in questi tre giorni capiremo di che pasta è fatta questa nuova proprietà, perché al di là delle sigle, delle società, degli aumenti di capitale più o meno virtuali il calcio si fa con i calciatori, con i risultati, con i fatti. Concreti. E la sede per fare i fatti è il cosiddetto mercato, dove si interviene per migliorare la propria squadra. Se il 31 gennaio passerà e nulla sarà fatto per migliorare questo Palermo, gli inglesi avranno perso una buona occasione per dimostrare che quelle parole gettate lì quasi per ripicca di Foschi («Non contano niente») non erano poi solo il frutto di uno sfogo per essere stato scavalcato nella trattativa per Paganini. Basterebbe poco per dare un concreto segnale preciso che al Palermo qualcosa è cambiato veramente.

 

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