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Tragedia di Casteldaccia, l'uomo che perse tutta la famiglia: "Il Natale e le feste non esistono più"

Giuseppe Giordano (superstite) e la moglie Stefania (morta nella villa di Casteldaccia)

«Il Natale e le feste non esistono più, il vuoto è immenso, totale perché dal quel terribile sabato ormai tutte le notti sono insonni». Lo dice è Giuseppe Giordano, commerciante di 35 anni, che lo scorso 3 novembre ha perso la famiglia, nove vittime, è viva solo la figlia Asia di 11 anni, a causa del maltempo e della conseguente esondazione del torrente Milicia, con il fiume di fango e acqua che hanno invaso e travolto la villetta presa in affitto in contrada Dogali Cavallaro, a Casteldaccia.

Quella sera morirono la moglie Stefania Catanzaro, 32 anni, il figlio Federico di 15 anni, e la piccola Rachele di 1 anno. Nella tragedia sono morti anche i genitori di Giordano, Antonino di 65 anni, e la moglie Matilde Comito di 57; ed ancora, la sorella Monia Giordano, 40 anni, il figlio della donna, Francesco, di 3 anni, il fratello di Giuseppe Marco, 32 anni, oltre alla nonna del piccolo Francesco, Nunzia Flamia, di 65 anni.

Gli unici a salvarsi, oltre a Giordano, aggrappatosi ad un albero per sfuggire alla furia dell’acqua, il cognato Luca Rughoo, la nipote Manuela, coetanea di Asia.

«Cosa ho vissuto e cosa vivo ogni giorno non si può spiegare, non c'è più vita quotidiana - aggiunge Giordano, che gestisce un negozio di motociclette - Quello che sto sopportando nessuno riuscirà mai a comprenderlo, spero solo che quanto è successo a me non accada mai più a nessuno. A causa della burocrazia ho pagato il conto io con la famiglia distrutta, anzi con la razza estinta».

«A volte mi chiedo la ragione. Perché a me questo dolore così grande? Mi capita giornalmente, almeno due, tre volte al giorno, di trovarmi qui in negozio e di cominciare a pensare, allora lascio tutto e corro a pregare al cimitero dei Cappuccini, dove abbiamo sepolto i nostri cari, grazie alla vicinanza del sindaco Leoluca Orlando che ci ha donato una cappella. Trascorsi i primi giorni nessuno delle istituzioni ci ha contattato per sapere se avessimo bisogno di qualcosa, se mangiamo, come stiamo sia dal punto di vista fisico che psicologico. L’unico che si fa sentire, disponibile, è un poliziotto».

«Per ora non abitiamo più nella casa dove stavamo tutti assieme, io vivo per Asia che frequenta la seconda media, le abbiamo fatto cambiare scuola per farla stare in classe con una cuginetta, lei è forte e tra compiti, amichette e svaghi si cerca di trasmetterle serenità, ma la nostra vita è completamente cambiata - dice Giordano, per gli amici «Cirino» -. Penso sempre a mio figlio Federico, frequentava il professionale per diventare meccanico, con lui stavamo crescendo assieme, il suo scooter è qua in negozio, come me aveva una passione matta per i motori e Rachele alla quale avevo comprato la minismart per giocare. Per fortuna sia i miei familiari che quelli di mia moglie, tutti i parenti rimasti, ci sono vicini, così come i tanti amici che mi stanno dando affetto e non mi lasciano mai solo».

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