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Mafia, affari all'ippodromo di Palermo: gare truccate e fantini corrotti, 9 arresti

Le mani di cosa nostra sull'ippodromo di Palermo con estorsioni, pilotaggio delle corse e intimidazioni ai fantini che non erano compiacenti. Dall'indagine denominata Corsa nostra e che ha portato all'arresto di nove persone emerge che alcuni proprietari di scuderie e alcuni fantini,  come Natale Cintura, Giuseppe Greco, Salvatore La Gala, Giovanni La Rosa, Antonino Porzo e Domenico Zanca hanno collaborato, con gli affiliati mafiosi, per realizzare il pieno controllo delle corse ippiche.

Secondo gli investigatori referenti all’ippodromo per conto di cosa nostra erano Giovanni Niosi e Sergio Napolitano, entrambi già reggenti del mandamento di Resuttana. Le mani della mafia arrivavano a manipolare le corse ippiche anche in Toscana a Follonica e in Puglia a Taranto. Gli indagati sono accusati a vario titolo di concorso esterno in associazione mafiosa, trasferimento fraudolento di valori aggravato in concorso e frode in competizioni sportive.

Otto persone sono finite in cella, una giovane fantina ai domiciliari e tre cavalli sono stati sequestrati. In carcere Natale Cintura, 53 anni, Massimiliano Gibbisi, 48 anni, Giuseppe Greco, 62 anni, Salvatore La Gala, 66 anni, Giovanni La Rosa, 66 anni, Giovanni Niosi, 64 anni, Antonino Porzio, 57 anni, Domenico Zanca, 48 anni. Ai domiciliari Gloria Zuccaro, 38 anni.

In particolare attraverso gli addetti del settore i rappresentanti delle mandamento avrebbero richiesto una percentuale del volume d’affari dell’ippodromo, quantificabile in 4.000 euro al mese. Avrebbero inoltre manipolato le corse ippiche attraverso alcuni storici fantini, vicini agli affiliati mafiosi, che avrebbero minacciato i colleghi in modo da alterare il risultato. I responsabili di tutte le attività relative all’ippodromo avrebbero anche lucrato sulle scommesse relative alle corse ippiche, effettuate sia presso gli sportelli presenti all’interno dell’ippodromo sia presso la rete delle agenzie esterne dislocate sul territorio, facendo confluire le relative vincite nelle casse dell’organizzazione mafiosa.

Niosi e Napolitano, in periodi storici diversi, si facevano affiancare da persone interne al mondo delle corse. In particolare Niosi sarebbe stato supportato da Giuseppe Greco, mentre Napolitano da Massimiliano Gibbisi e da Salvatore La Gala che si sarebbero occupati di far arrivare le direttive ai titolari delle scuderie e ai fantini compiacenti. Greco, Gibbisi e La Gala avrebbero fatto in modo che i diversi titolari di scuderie e fantini compiacenti  intimidissero i colleghi per truccare le gare e far vincere il cavallo prescelto per la gara. Nel caso in cui uno dei fantini non si fosse sottomesso alle indicazioni provenienti dagli esponenti mafiosi scattavano le ritorsioni nei suoi confronti con minacce di morte, attentati intimidatori e aggressioni.

A far luce su questo quadro i collaboratori di giustizia Vitale, Macaluso e Galatolo hanno raccontato di veri e propri pestaggi dei fantini. Le indagini hanno consentito anche di accertare che almeno quattro corse ippiche, svolte tra il 2016 e il 2017 negli ippodromi di Palermo, Follonica e di Taranto, erano state palesemente truccate su mandato degli uomini d’onore siciliani.

Cosa nostra realizzava ingenti profitti attraverso le scommesse. In particolare, Napolitano si sarebbe avvalso di Gibbisi al quale avrebbe consegnato il denaro e le indicazioni sulle puntate da effettuare. Napolitano avrebbe ordinato di effettuare le scommesse in gran segreto, per evitare che gli appassionati del settore, a conoscenza di tale meccanismo di controllo, effettuassero le stesse puntate facendo emergere l’anomalia dai sistemi elettronici del Ministero. Questo avrebbe fatto sospendere le gare in partenza.

L’attività d’indagine Corsa Nostra costituisce l’approfondimento di alcuni elementi investigativi acquisiti nell’ambito dell’operazione Talea, che, a dicembre del 2017, aveva portato alla disarticolazione degli organigrammi dei mandamenti mafiosi palermitani di San Lorenzo e di Resuttana e che aveva già fatto parzialmente emergere anche le infiltrazioni di cosa nostra all’interno dell’ippodromo La Favorita di Palermo.

Lo sviluppo delle indagini aveva portato il prefetto di Palermo Antonella De Miro, all’emissione, in via preventiva, di una misura interdittiva antimafia, nei confronti della società privata che gestiva l’ippodromo.

 

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