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Dal passaparola alle partite Iva, così gli stranieri irregolari ottenevano i permessi a Palermo

Il passaparola tra gli stranieri irregolari era uno degli strumenti che poi consentiva alla rete di professionisti scoperta a Palermo da polizia e guardia di finanza di fare affari col business dei permessi di soggiorno. Ma per consentire ai migranti di ottenerli erano necessarie dichiarazioni dei redditi ad hoc per il raggiungimento della soglia minima di entrate.

In nove tra ragionieri e dottori commercialisti sono finiti agli arresti domiciliari. E tra i coinvolti c'è anche un poliziotto.

Attraverso il passaparola all’interno dei gruppi etnici che vivono a Palermo, dunque, gli stranieri che avevano bisogno del permesso di soggiorno spiegavano ai “professionisti contabili” la loro necessità. In alcuni casi, addirittura, il “reddito buono” veniva richiesto telefonicamente.

Il fenomeno aveva assunto una tale dimensione da allarmare i poliziotti dell’ufficio immigrazione che hanno allertato a loro volta i colleghi della squadra mobile ed in piena sinergia con la guardia di finanza, hanno dato avvio a controlli approfonditi sulle dichiarazioni dei redditi trasmesse. Da qui la revoca di gran parte delle richieste avanzate attraverso la fitta rete di professionisti ed “addetti ai lavori” che, dietro il pagamento di compensi che raggiungevano anche i mille euro, avrebbero offerto  tutta una gamma di servizi, finalizzati all’ottenimento dei relativi permessi.

Il metodo usato dai ragionieri e commercialisti era quello di attivare partite Iva per ditte individuali per gli extracomunitari. In alcuni casi si sarebbero dichiarati assunti come collaboratori domestici dagli stessi professionisti o da persone compiacenti.

Sono numerosi gli imprenditori extracomunitari “fasulli” censiti dai finanzieri e dai poliziotti, che, oltre a soggiornare illegalmente nel territorio nazionale si ritrovano anche con i contributi previdenziali versati tali solo sulla carta visto che il loro versamento sarebbe avvenuto mediante compensazione di crediti d’imposta creati ad hoc nelle false dichiarazioni fiscali.

Sono in corso ulteriori accertamenti per quantificare i guadagni illegalmente conseguiti dai professionisti e dai vari Caf. Il fenomeno criminale, accertato già dal 2015, va comunque riferito a periodi anche pregressi e da ritenersi ad oggi ancora perdurante con ricadute sia in termini di danno al bilancio nazionale che per la pubblica sicurezza. Questi stratagemmi hanno permesso ad extracomunitari di poter permanere illegalmente sul territorio nazionale.

S.I.

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