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Omicidio Sciacchitano a Palermo, in aula il ferito nell'agguato: "Gli spari poi sono fuggito"

“Ero di spalle, non ho visto niente. Ho sentito che si apriva lo sportello di un’auto e poi uno sparo. Sono scappato via, andando verso destra. Mirko credo sia andato dall’altro lato, non mi sono preoccupato di lui. Dopo qualche minuto mi sono accorto che ero rimasto ferito e sono andato in ospedale”.

Così Antonio Arizzi ha raccontato alla corte d’assise di Palermo l’agguato in cui morì Mirko Sciacchitano, un suo conoscente. Erano davanti a un’agenzia scommesse a Falsomiele,  in via della Conciliazione il 3 ottobre 2015. Sciacchitano fu raggiunto da dieci colpi di pistola.

Alla sbarra per l'omicidio di Mirko Sciacchitano ci sono il boss della famiglia della Guadagna Salvatore Profeta, il figlio Antonino, Francesco Pedalino, suo figlio Gabriele, Giuseppe Gambino e Giuseppe Greco, Domenico Ilardi e Lorenzo Scarantino. Secondo le indagini coordinate dal procuratore aggiunto Leonardo Agueci e dai sostituti Francesca Mazzocco, Sergio Demontis e Gaspare Spedale, i mandanti dell'omicidio di Sciacchitano sarebbero Salvatore Profeta e Giuseppe Gambino, che avrebbero avuto il benestare da Giuseppe Greco. Gli altri imputati sarebbero invece gli esecutori materiali del delitto.

Secondo gli inquirenti l'omicidio sarebbe stata la vendetta dopo il ferimento di Luigi Cona, avvenuto poche ore prima dell'omicidio davanti alla sua rosticceria di via dell'Allodola. Sciacchitano avrebbe partecipato al ferimento di Cona e per questo venne ucciso. I due fatti, secondo gli investigatori, sarebbero la conferma dei pesanti dissidi all'interno del clan mafioso del mandamento di Santa Maria del Gesù.

Arizzi non si è costituto parte civile. “Non voglio saperne niente – ha spiegato – Non mi interessa il risarcimento. Dopo che sono uscito dall’ospedale per me questa storia si è chiusa”.

 

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