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Clochard bruciato vivo per gelosia, benzinaio condannato all'ergastolo a Palermo

Giuseppe Pecoraro, l'uomo accusato dell'omicidio

PALERMO. Il Gup Maria Cristina Sala ha condannato all’ergastolo Giuseppe Pecoraro, imputato dell'omicidio del clochard Marcello Cimino, bruciato vivo, a marzo dell’anno scorso, mentre dormiva su un giaciglio di fortuna davanti al ricovero dei Capuccini a Palermo.

Nelle scorse udienze era stata disposta una perizia dal gup, davanti alla quale si svolge il processo in abbreviato, sulla capacità di intendere e di volere di Pecoraro al momento dell’omicidio. Secondo i periti, l’uomo era lucido.

Gli avvocati di Pecoraro, Carolina Varchi e Brigida Alaimo, all’inizio del processo hanno avanzato la richiesta di sospensione per accertare la capacità di stare in giudizio di Pecoraro. Richiesta respinta dal giudice, dopo l’opposizione della Procura e del difensore delle parti civili, Antonino Palazzotto.

Arrestato dalla polizia poche ore dopo il delitto, e ripreso durante l'omicidio da una telecamera di videosorveglianza, ha confessato raccontando agli inquirenti di aver agito perché Cimino insidiava la sua compagna.

L'assassino, separato, lavorava come impiegato in una stazione di servizio, a pochi metri di distanza dalla struttura religiosa, che frequentava con regolarità, dividendo la mensa con altri ospiti e anche con l'uomo che - secondo lui - voleva portargli via la donna. Qualche sguardo di troppo, da parte dell' "intruso" Cimino, avrebbe fatto scattare in Pecoraro la furia omicida.

Il movente della gelosia è quello riferito dal reo confesso ai poliziotti, che l’hanno arrestato poco dopo il delitto; l’uomo ha vuotato il sacco dopo aver tentato di negare ogni addebito, giustificando il suo orribile gesto con la paura che Marcello potesse strappargli la fidanzata.

“Non so perché Giuseppe ha fatto questo, come ha mai potuto, cosa ballava nella sua testa", ha detto la donna dopo l’omicidio. Ha detto di aver visto Marcello solo poche volte e di non aver mai ricevuto nessun tipo di complimento o uno sguardo da parte sua. Ed è per questo che non è riuscita a spiegarsi come Giuseppe sia potuto essere capace di tanta ferocia.
La difesa, che ha scelto il rito abbreviato, puntava sull'incapacità di intendere e volere che sarebbe - secondo i consulenti - gravemente limitata. Pecoraro avvertirebbe anche  "disagio antisociale". Di diverso avviso il consulente del giudice.

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