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Un concorso di foto per ricordare Enzo Maiorca, il tributo di Ustica

Enzo Maiorca

PALERMO. Il detentore del record mondiale di apnea, Enzo Maiorca, aveva grande paura del mare. Lui stesso lo raccontò più volte nelle interviste rilasciate alle tv. La sua vita è da considerare, dunque, una sorta di insegnamento: le proprie paure e le difficoltà della vita vanno affrontate e superate.

Maiorca, uno dei protagonisti del sondaggio di gds.it "Il campione dei siciliani", lo fece al meglio, affrontando il suo timore per quello sconfinato spazio pieno d’acqua e facendone una ragione di vita.

In 28 anni migliorò il suo record 17 volte. Dal suo primo trionfo a 45 metri, realizzato nel 1960, passò a 101 metri nel 1988, nonostante avesse subito una sincope nel 1974 ad una profondità di 87 metri al largo di Sorrento.

Un eroe sportivo Maiorca, siciliano doc, a cui la Ustica Villaggio Letterario ha voluto dedicare la quarta edizione del suo concorso fotografico subacqueo che si svolgerà a giugno, che prenderà il nome, per l’appunto, di Trofeo Maiorca, in cui si faranno anche stage di apnea, dibattiti sul cinema subacqueo, lezioni di archeologia subacquea di biologia marina e incontri sulla Tutela del Territorio e del mare, sull’ambiente e la legalità.

Proprio la tutela di quel mare di cui Maiorca aveva paura ma anche grande rispetto, per esso e per le creature che lo popolano. A tal proposito, il campione siracusano divenne vegetariano nel 1967, dopo una battuta di pesca subacquea: "Mi ero immerso in una secca nella baia di Siracusa – raccontò in un’intervista Maiorca - Quella mattina mi accadde di arpionare una cernia robusta e combattiva. Si scatenò sul fondo una vera e propria lotta titanica fra la cernia che pretendeva di salvare la sua vita e me che pretendevo di togliergliela. La cernia era incastrata in una cavità fra due pareti; cercando di rendermi conto della sua posizione passai la mano destra lungo il suo ventre. Il suo cuore pulsava terrorizzato, impazzito dalla paura. E con quel pulsare di sangue ho capito che stavo uccidendo un essere vivente. Da allora il mio fucile subacqueo giace come un relitto, un reperto archeologico impolverato nella cantina di casa mia".

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