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Ventenne inglese rapinata e violentata a Palermo, arrestato ex Pip - Video

La ragazza inglese ripresa dalle telecamere di via Roma, Palermo

PALERMO. Avrebbe rapinato e violentato una ventenne inglese, da poco residente a Palermo. Dopo nove mesi di indagini, questa mattina la Squadra Mobile ha arrestato un palermitano di 46 anni, Martino Biuso, precario ex Pip.

L’uomo è pregiudicato per i reati di rapina, lesioni, porto abusivo di arma.

Il provvedimento è stato emesso dal gip Roberto Riggio, su richiesta del pm Giorgia Righi del pool dei reati sessuali, coordinato dal procuratore aggiunto Ennio Petrigni.

Era il 13 maggio dello scorso quando la giovane inglese di 20 anni, da alcuni mesi a Palermo, stava tornando a casa in via Roma dopo aver trascorso la nottata con due cugine e la sorella.

Si era allontanata dalla comitiva dopo qualche bicchiere di troppo in cerca di un taxi per tornare a casa. A fermarsi, però, non è stato un tassista, ma secondo le indagini della squadra mobile di Palermo, proprio Biuso.

Quell'uomo, affermano gli investigatori, l'avrebbe violentata, abbandonandola tra le sterpaglie accanto al centro commerciale Forum a Brancaccio. La giovane fu soccorsa all'alba da una guardia giurata che la vide rannicchiata sotto il ponte di via Giafar.

La 20enne è arrivata a Palermo a gennaio del 2017 per un progetto universitario di insegnamento in una scuola della provincia. Per risalire all'uomo che l'avrebbe violentata gli agenti della squadra mobile hanno passato al setaccio le immagini dei sistemi di videosorveglianza di via Roma, piazza Sant'Anna e Corso Vittorio Emanuele. Nei filmati si nota una vettura che procede in via Roma. L'automobilista non appena vede la donna sola fa retromarcia. E dopo pochi minuti la fa salire sulla macchina. Prima di arrivare nella zona di Brancaccio i due si fermano per fare bancomat. E qui che le telecamere riprendono il volto del presunto aggressore.

Determinante è stato anche il ruolo della polizia scientifica che ha individuato sui vestiti della donna il profilo genetico dell’aggressore e lo ha confrontato con quello estratto dai reperti acquisiti dal personale della squadra mobile.

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