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Omicidio Mattarella e strage di Bologna, indagini riaperte: contatti tra le procure

PALERMO. La Procura generale di Bologna, che da fine ottobre ha avocato a sé l’inchiesta sui mandanti della strage di Bologna del 2 agosto 1980, è in contatto con la Procura di Palermo, dove la Dda da tempo indaga sull'omicidio di Piersanti Mattarella. È quanto si limitano a confermare ambienti della stessa Procura generale, dove però si mantiene uno stretto riserbo e non si aggiunge nulla sugli approfondimenti in corso che potrebbero collegare l’attentato e l'omicidio del presidente della Regione Siciliana, avvenuto il 6 gennaio dello stesso anno in via Libertà, a Palermo.

Come si legge in un articolo del Giornale di Sicilia oggi in edicola, la procura di Palermo ha riaperto una nuova inchiesta sull'omicidio dell'ex governatore. Finora non ci sarebbero sbocchi concreti, né ci sono dettagli.

L’ufficio bolognese guidato dal procuratore Ignazio De Francisci, magistrato siciliano che fu nel pool di Falcone e Borsellino, ha riaperto l’inchiesta sui mandanti della strage del 2 agosto, assumendo su di sé il fascicolo, sollecitato dall’associazione dei familiari delle vittime, inviato verso l’archiviazione dalla Procura ordinaria e rimasto sempre contro ignoti.

«Ci è parso che forse ci possa essere ancora qualche spunto investigativo da approfondire, per il rispetto che si deve ai familiari delle vittime e alla città di Bologna», aveva spiegato l'avvocato generale Alberto Candi, 'numero due' della Procura generale, presentandosi in udienza davanti al Gip, che ha assegnato due anni per le nuove indagini.

Riemerge una vicenda , quella degli spezzoni di targhe di auto, (negli atti del processo per l’omicidio del presidente della Regione è scritto che gli spezzoni mancanti non furono trovati), scritta nel libro di Giovanni Grasso (attuale portavoce del presidente Sergio Mattarella) «Piersanti Mattarella, da solo contro la mafia», edito nel 2014, e poi ripresa nel libro di Paolo Bolognesi e Roberto Scardova ''Italicus. L’anno delle quattro stragi" anch’esso edito nel 2014.

Nel libro si parla del ritrovamento, nel 1982, in un covo di Terza Posizione a Torino, di due spezzoni di targhe rubate a Palermo e usate per comporre la targa falsa della 127 su cui viaggiavano i killer dell’ex presidente della Regione Piersanti Mattarella.

Nel raccontare della cosiddetta pista nera del delitto Mattarella, seguita in passato dagli investigatori, Grasso scrive: «le due targhe rubate a Palermo....erano PA 536623 e PA 540916. Non erano stati quindi utilizzati rispettivamente i caratteri PA53 della prima targa e 0916 della seconda. Gli stessi caratteri e gli stessi numeri rinvenuti, sia pure collocati in un ordine diverso, nel covo torinese».
Grasso, nel suo libro, cita la relazione dell’Alto commissario per il coordinamento contro la delinquenza mafiosa a cui, nel 1989, lavorò, tra gli altri, il magistrato Loris D’Ambrosio, esperto di terrorismo di destra. Nel documento si approfondiva proprio la cosiddetta pista nera.

Nei volumi è scritto che i «pezzi rimanenti furono rinvenuti il 20 ottobre 1982 nel covo torinese di via Monte Asolone gestito da Terza posizione». Le indagini sulle targhe potrebbero fornire la certezza di un collegamento tra l’omicidio di Piersanti Mattarella e i Nar di Valerio Fioravanti. Collegamento che secondo Giovanni Falcone c'era e che per questo firmò la richiesta di rinvio a giudizio per Fioravanti e Gilberto Cavallini considerati autori materiali del delitto. I due furono poi assolti. La richiesta di assoluzione fu fatta dal pm Giuseppe Pignatone al termine della requisitoria.

Anche Massimo Ciancimino, testimone controverso di varie inchiesta tra cui quella della presunta trattativa Stato-mafia, nel 2008 aveva riferito il presunto racconto del padre, Vito, secondo cui per l’omicidio Mattarella «si erano serviti di manovalanza romana legate alle, non so, ai brigatisti rossi, neri, non mi ricordo che colore era. E’ stato uno scambio di favori». Lo scambio di favori, è stato ipotizzato, poteva essere il supporto logistico dei mafiosi ai «neri» per far evadere Pierluigi Concutelli, leader di Ordine nuovo, in cambio dell’omicidio di Piersanti Mattarella.

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