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Benzinaio ucciso in piazza Lolli a Palermo, 30 anni al pensionato: condanna definitiva

PALERMO. E’ definitiva la condanna a trent'anni per Mario Di Fiore, l'ex imprenditore edile accusato di avere sparato e ucciso, nel giugno 2015, Nicola Lombardo, un benzinaio di piazza Lolli, a Palermo. La Cassazione  ha così confermato la sentenza d’appello riconoscendo l’aggravante dei futili motivi. Alla base dell'omicidio, secondo la ricostruzione dell'aggressione venuta fuori durante il lungo interrogatorio cui Di Fiore fu sottoposto in questura, il prezzo del carburante considerato troppo caro dall'ex muratore.

Di Fiore avrebbe litigato con la vittima, sparandogli poi alle spalle con una 7,65 che possedeva illegalmente dopo avere subito due rapine. "Ho saputo che era sposato e aveva due figli, sono distrutto", aveva detto al suo avvocato Giuseppe Avarello.

Inizialmente gli inquirenti avevano pensato a un tentativo di rapina finito nel sangue, ma la dinamica dell'agguato aveva suscitato più d'una perplessità lasciando spazio alle ipotesi più disparate. Fino alla svolta avvenuta nelle ore successive all'omicidio, con il fermo di Mario Di Fiore, condotto in Questura e messo sotto torchio dagli investigatori della squadra mobile.

Era andato a trovare la figlia che vive nella zona di via Dante a Palermo. Poi aveva deciso di fare il pieno nel distributore di benzina in piazza Lolli. Mario Di Fiore ex imprenditore edile era armato perché in passato avrebbe subito due rapine. Si sentiva più sicuro ha detto agli agenti della mobile.

Le telecamere di alcuni negozi hanno ripreso un frammento della targa. Gli agenti della squadra mobile con migliaia di combinazioni sono risaliti alla vettura. Rintracciato nel suo appartamento a Brancaccio Di Fiore ha confessato il delitto. Gli agenti hanno poi chiuso il cerchio sul delitto quando in un magazzino a Ficarazzi ritrovarono la pistola in un secchio ricoperta da stracci.

La famiglia di Lombardo si è costituita parte civile con l’assistenza dell’avvocato Fabio Lanfranca che ha fatto ricorso in appello, ottenendo un risarcimento di 150 mila euro ciascuno per la moglie e i due figli.

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