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Processo a Cascio, l'imprenditore che lo accusò ora aggiusta il tiro: non ci fu corruzione

Francesco Cascio

PALERMO. Qualche regalo a Francesco Cascio ci fu ma non si trattò di uno scambio corruttivo, solo di omaggi per la sua “simpatia e correttezza”. Così ha raccontato alla corte d’appello Giuseppe Lapis, l’imprenditore che ad agosto è andato dai pm per raccontare dei suoi regali all’ex assessore al Turismo (i fatti sono del 2002), condannato in primo grado a due anni e otto mesi per corruzione.

Secondo l’accusa, Cascio, mentre era assessore al Turismo e vicepresidente della Regione nel governo Cuffaro (2001-2004), avrebbe consentito a una società titolare di un resort e di un impianto sportivo adibito a campi da golf di ottenere fondi europei. In cambio avrebbe ricevuto “lavori” e “servizi” per la costruzione di una villetta a Collesano, nei pressi dello stesso resort.

Cascio avrebbe agito “in concorso” con altri due ex dirigenti regionali, Agostino Porretto e Aldo Greco, che hanno scelto il rito ordinario.

Nel processo d’appello sono confluite le recenti dichiarazioni di Giuseppe Lapis e del figlio Gianluigi. Ai magistrati Lapis ha detto di aver “ottenuto dall’onorevole Cascio facilitazioni nell’ottenimento dei contributi per la mia società, la Ecotecna. In particolare, Cascio si prodigò perché fosse approvata la delibera che ammetteva fra i lavori finanziabili anche quelli svolti in economia”.

Oggi, rispondendo alle domande del pg Emanuele Ravaglioli, Lapis ha aggiustato il tiro: “Sono andato in assessorato come avevo già fatto in precedenza – ha spiegato – Volevo sollecitare l’assessorato per sbrigare la mia pratica, se la prendevano comoda. Non ho mai chiesto a Cascio di fare cose illecite. Di quella circolare non ho beneficiato solo io”.

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