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Esorcismi a luci rosse a Palermo, in aula la testimonianza di un'altra donna

Tribunale di Palermo

PALERMO. “Sono stata male e sono andata dal prete perché per me rappresentava la figura di Gesù Cristo. Ero molto preoccupata perché sentivo voci e vedevo ombre nere”. A parlare è una delle presunte vittime dei palpeggiamenti di padre Salvatore Anello, il frate cappuccino arrestato l’anno scorso a Palermo.

La donna è stata sentita dalla seconda sezione del Tribunale di Palermo. Oltre ad Anello, fu arrestato l'ex colonnello dell'esercito Salvatore Muratore, già condannato in abbreviato a sei anni e due mesi.

“Era un periodo difficile per me – ha spiegato –. La tv si accendeva da sola, a quel punto ho pensato di farmi aiutare dalla santa madre chiesa. Però anche in chiesa stavo male. Quando ci andavo urlavo e vomitavo. Ho capito che era qualcosa più grande di me, che dovevo essere aiutata da qualcuno. Andai da padre Anello, come mi aveva consigliato una conoscente”.

Lì sarebbero cominciate le violenze. L’inchiesta è partita dalla denuncia di Muratore da parte di due minorenni e della madre. L'ufficiale faceva parte di un gruppo di preghiera e si sarebbe spacciato per guaritore esorcista. Secondo le indagini, avrebbe convinto le due donne di essere possedute dal demonio, costringendole, in quella che lui definiva una "preghiera di liberazione", a subire palpeggiamenti.

Dalle denunce si è arrivati a identificare anche padre Anello. “Mi metteva a le mani vicino l’inguine – ha spiegato la testimone – poi nel reggiseno. Ero stupita. Quando ha toccato i glutei, mi sono schifata".

La tesi degli avvocati Francesco Bertorotta e Francesco Billetta è che tutto sia il frutto di una psicosi collettiva. Nei momenti convulsi degli esorcismi - o meglio, della preghiera di liberazione - le donne si agitavano in maniera scomposta. Era difficile contenerle. L'inevitabile contatto fisico sarebbe stato scambiato per qualcosa di diverso e molto più grave.

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