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L'addio della città a Gigi Burruano,
simbolo della "palermitanitudine"

PALERMO. Era sera e quel giorno di tanti anni fa pioveva a Palermo. Luigi Maria Burruano stava tornando a casa percorrendo il viale del parco della Favorita, ad un tratto però la sua auto sbandò facendolo andare fuori strada. Rimase a lungo senza sensi. Poi dopo alcuni lunghi minuti finalmente arrivò un'ambulanza chiamata da altri automobilisti di passaggio.

Quando gli infermieri andarono a soccorrerlo rimasero sorpresi: "La prima frase che mi dissero - ricordava - fu 'guarda chi è, Burruano' poi incalzarono 'raccontaci una storia, facci ridere', ma io per il dolore non potevo parlare e non avevo certo la voglia di fare il comico".

E' questo uno dei tanti episodi che hanno caratterizzato il forte rapporto tra Burruano, morto domenica nel sonno a 69 anni, e la città. Lui era una sorta di icona del palermitano dei quartieri popolari che impersonava, esempio sublime del metodo Stanislavskij, con totale identità di comportamenti e linguaggio.

Indimenticabile Rancu Tanu del suo spettacolo-cult, "Palermo oh cara". Figlio di un medico, da piccolo sognava di suonare il pianoforte.

"Lo suonava mia sorella, la ascoltavo quando veniva il maestro a casa". Poi un giorno "da giovane, un amico del rione mi disse che c'era una persona che stava mettendo assieme una compagnia di teatro amatoriale. Era Nino Drago e gli dissi subito sì. C'era uno scantinato in via Scarlatti, si provava 'L'aria del continente' e mi presero. Io da allora non frequentai più il mio rione, che per me era tutto, e andavo a provare tutti i pomeriggi. Mio padre era contentissimo, l'importante era che prendessi la licenza liceale".

Da quel momento inizia l'ascesa di Burruano sulla ribalta dei teatri nazionali e nel cinema. Tra genio e sregolatezza, amando, come diceva, Bacco e Venere. "Non ho nessun rimpianto, le cose che ho fatto spero di averle fatte bene", diceva. La sua carriera lo portò a calcare diversi palcoscenici di teatri stabili come Catania, Roma, Trieste e Prato. Ma lo si ricorda anche in tv e nel cinema con l'esordio nel 1970, ne L'amore coniugale di Dacia Maraini.

Il successo però arrivò con la partecipazione alla serie televisiva La piovra. Nel 1997, infatti, è stato interprete nell'ottavo episodio della serie - La piovra 8 - Lo scandalo. Ma ebbe ruoli tra gli altri anche nei film "L'uomo delle stelle" di Giuseppe Tornatore, "Nowhere" di Luis Sepúlveda, "Miracolo a Palermo!" di Beppe Cino, "Il ritorno di Cagliostro" di Daniele Ciprì e Franco Maresco, "Quo vadis, baby?" di Gabriele Salvatores.

In tv ha lavorato anche nelle serie Turbo e Incantesimo 4. Burruano, zio dell'attore Luigi Lo Cascio, scoprì e fece conoscere gli attori Tony Sperandeo e Giovanni Alamia. Nel 2006 venne arrestato per aver accoltellato l'ex genero perché secondo lui non assolveva agli impegni verso la famiglia. Un crimine "d'onore" che lo vide chiamare i poliziotti e aspettarli seduto in un bar, sorseggiando una birra. Dopo due settimane di carcere, gli furono dati gli arresti domiciliari.

Ricordava così quei momenti: "Io in carcere ho trovato l'umanità nei miei compagni di cella, ho trovato la comprensione, ho trovato tutto".

La camera ardente per rendere omaggio alla salma dell'attore Luigi Maria Burruano è stata allestita al teatro Biondo di Palermo ed è rimasta aperta sino a ieri a sera inoltrata. Sulla bara è stato poggiato un girasole. .

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