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Omicidio del Capo, per il giudice
è un'esecuzione in stile mafioso

PALERMO. Il movente per cui ha ucciso non si conosce, ma che abbia agito come un mafioso non c’è dubbio. Questo in sintesi il pensiero del giudice che ieri mattina ha convalidato l’arresto di Calogero Pietro Lo Presti, secondo l’accusa bloccato in flagrante pochi istanti dopo avere ucciso al Capo il fruttivendo Andrea Cusimano.

L’indagato non havoluto rispondere alle domande del magistrato, lo stesso atteggiamento aveva avuto 48 ore prima, quando venne bloccato per strada e condotto in caserma. Mutismo assoluto, come un boss vecchio stampo. Quanto durerà questo atteggiamento si vedrà, intanto il gip Ermelinda Marfia ha disposto la custodia cautelare in carcere così come aveva chiesto il pm Amelia Luise.

Due i particolari nuovi. La procura aveva chiesto che al presunto assassino fossero contestate le modalità mafiose nell’esecuzione del delitto e il gip ha avallato questa ricostruzione. In sostanza non si può dire che Lo Presti è mafioso, ma ha agito come un mafioso. Ha sparato in pieno giorno, in un mercato già affollato di testimoni, senza curarsi affatto delle possibili conseguenze. Proprio come fanno i sicari di Cosa nostra, certi di contare sull’impunità e sull’omertà che deriva dalla enorme forza di intimidazione della mafia. Allo stesso tempo però gli inquirenti contestavano i futili motivi alla base dell’omicidio, che sarebbe scaturito da una lite avvenuta pochi prima. Una zuffa tra i vicoli del mercato, per una questione ancora poco chiara, che ha scatenato la furia di Lo Presti. In questo caso il gip Marfia ha optato per un’altra versione, non si conoscono infatti in questo momento i veri motivi dell’agguato.

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