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Maestra assunta a 70 anni: «Non ci credevo più, ma non ho mai smesso di amare la scuola»

PALERMO. Essere assunta a quasi 70 anni, quando gli altri vanno in pensione, quando la precarietà sembra diventare la regola. Bernarda Di Miceli, originaria di Campofiorito e da anni residente a Corleone, sposata e madre di sei figli, mercoledì potrà conquistare la tanto agognata cattedra di ruolo segnando un record difficilmente eguagliabile.

Dopo 40 anni di precariato, dopo un concorso vinto senza però riuscire ad avere un ruolo e dopo un ingiusto depennamento dalla graduatoria, poi annullato dal giudice del lavoro, l'insegnate di scuola elementare risponderà mercoledì prossimo alla chiamata dell'ufficio scolastico provinciale per firmare il suo primo contratto a tempo indeterminato in una scuola ancora da decidere.

Lei, che è nata il 14 febbraio 1948, ha oggi 69 anni e sei mesi e potrà continuare a insegnare fino a fine anno solo perché precaria. La legge infatti consente di insegnare fino a 67 anni e 7 mesi, concedendo una deroga fino a 70 solo se questo prolungamento servisse a maturare il requisito pensionistico dei 20 anni di contributi.

Ma Di Miceli non ha questo requisito, per cui continuerà solo in virtù di una disposizione, ribadita da diverse sentenze della giustizia amministrativa, che deroga l’obbligo dei precari, fino a 70 anni, per chi ha lavorato con contratti a tempo determinato. Dunque mercoledì la docente sarà assunta. Con lei altre colleghe superano i 60 anni, ma il suo caso resta sicuramente unico.

Quanto ha aspettato questo momento?

«Guardi, le dico la verità, non era più tra i miei pensieri, minimamente. Pensi che neanche sapevo che ero stata convocata per l'immissione in ruolo, me l'ha detto una collega».

È un modo per nascondere la rabbia?

«Assolutamente no, io amo, ho sempre amato il mondo della scuola. Senza la passione è impossibile fare bene qualcosa. Quando facciamo qualcosa che ci piace riusciamo a superare tutti gli ostacoli. Io ho sempre amato la scuola e per questo non ho mai provato alcun sentimento negativo, neanche dopo decenni di precariato».

Però non deve essere stato facile, tutti questi anni di precarietà...

«Eccome, non è stato facile, ma è stato ugualmente bellissimo. Pensi che non ricordo neanche più quali sono state le prime scuole dove ho insegnato. Ho conseguito l'abilitazione nel 1975, ho iniziato con brevi supplenze, ho pure vinto un concorso nel 1986 senza però essere assunta. Sono stata alcuni anni ferma, ho avuto sei figli ma non ho mai smesso di aggiornarmi. Poi ho ripreso a insegnare e ho continuato a cambiare continuamente scuola. Eppure posso solo parlare bene di tutti i colleghi che ho incontrato, di tutte le esperienze fatte».

Ha mai pensato che non sarebbe stata mai assunta, che non ce l'avrebbe mai fatta?

«Ci sono alcuni ostacoli che sembravano davvero piovuti dal nulla. Come quando nel 2014 sono stata depennata dalla graduatoria per errore, perchè l'amministrazione riteneva che avessi superato il limite di età visto che l'aggiornamento della graduatoria era riservato a chi aveva al massimo 66 anni e 3 mesi. Io avevo all'epoca 66 anni, 2 mesi e 26 giorni e dunque per pochi giorni rientravo tra i requisiti. C'era stato un errore. Grazie a mia figlia Simona Santacolomba, che è avvocato, ho fatto ricorso al giudice del lavoro e lo scorso marzo è arrivata la sentenza. Rischiavo di perdere anche questa occasione, fortunatamente tutto è andato per il meglio».

Se le chiedessi il momento peggiore vissuto in questi anni?

«Nessuno, o meglio. Posso parlare dei momenti più complicati, quando ho insegnato a Campofelice di Fitalia e per viaggiare dovevo prendere due autobus. È stato stancante, lo ammetto, ma dobbiamo accontentarci di quello che abbiamo, evitare di lamentarci e vivere con gioia le cose. La scuola è vita, senza passione tutto appare più complicato».

Immagino allora che i momenti più belli siano tanti tantissimi.

«Ogni giorno. Ogni giorno del mio lavoro è stato qualcosa di magnifico. Non lo dico per retorica, amo davvero il mio lavoro. Per scelta ho insegnato in molte aree a rischio, ricordo l'istituto Valverde, poi a Bolognetta, a Corleone. Ho sempre avuto un buon rapporto con tutti, pure con le segreterie. C'erano alunni che mi chiamavano mamma. Avrei insegnato gratis».

Lei comunque può ritenersi fortunata, in tante oggi vivono disagi, trasferimenti, problemi legati alla precarietà, i problemi economici.

«Lo so benissimo, io per fortuna non sono dovuta andare al Nord e conosco i sacrifici e le difficoltà che stanno incontrando tanti colleghi. Io stessa ho la più piccola dei miei figli, che ha 26 anni, che è entrata di ruolo a Torino. Però lei ha il mio stesso carattere. Le ho chiesto di provare ad avvicinarsi ma non vuole, le piace l'ambiente, ha visto il lato positivo del suo lavoro. Ai colleghi precari voglio dire di farsi forza, di amare il proprio lavoro perchè solo così potranno superare tutte le difficoltà».

Cosa proverà mercoledì quando firmerà il contratto?

«Penso che un po' di emozione non mancherà, ma le assicuro che la mia visione della scuola non cambierà. Io in tutti questi anni ho pensato solo a lavorare, all'inizio supplenze saltuarie, poi più lunghe, ma non mi importava altro, mi sono sempre ritenuta ugualmente fortunata».

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