PALERMO. «Le elezioni siciliane sono importantissime». Ma non per «i giochi politici nazionali». Matteo Renzi sbarca a Palermo per presentare il suo libro. E prova subito a derubricare il test regionale di novembre. I suoi avversari puntano a usare una eventuale sconfitta come grimaldello in vista delle politiche, per una spinta alla coalizione di centrosinistra magari con un altro candidato premier. E il leader Dem lo dice subito chiaro e tondo: «Non è che se le elezioni qui vanno in un modo, si rifanno i congressi». Anche per questo, Renzi fa sapere che non metterà bocca sulla scelta del candidato. Anzi, sembra tirare fuori dalla rosa il fedelissimo Davide Faraone: «Niente diktat da Roma», dice. «Al Pd non interessa una bandierina in più».
Il segretario arriva all’ex stabilimento Charleston, sul mare di Mondello, attorniato da numerosi esponenti del Pd locale, da Faraone al segretario Fausto Raciti, da Giuseppe Lupo ad Antonello Cracolici. Ci sono anche Rosario Crocetta, il presidente uscente che ha annunciato di volersi ricandidare nonostante la contrarietà dei Dem, e Leoluca Orlando, che con una coalizione senza simbolo Pd ha vinto al primo turno le comunali. Ed è proprio il «modello Palermo» che Renzi cita per costruire una coalizione: «Ci sono le condizioni per vincere».
Ma la partita è tutta in salita, contro i favoriti Cinque stelle. E la preoccupazione dei Dem è arrivare terzi, dopo la coalizione di centrodestra. Perciò, mentre Mdp e Si provano a costruire una lista unitaria con Orlando, le diplomazie Pd, in asse con i centristi di D’Alia e Casini, sono al lavoro per tenere in coalizione Angelino Alfano, che con i voti di Ap rischia di essere determinante. Non è facile, però, la ricerca del candidato governatore. I bersaniani condizionano l’ok alla coalizione alla persona che la guiderà, mentre il Pd vorrebbe seguire il percorso opposto (prima la coalizione). Nelle ultime settimane, dopo il no di Pietro Grasso, sono state vagliate diverse ipotesi e la scelta potrebbe ricadere su un centrista o, preferirebbero i renziani, un esponente della società civile.
Quel che è certo è che, nonostante il distacco ostentato da Renzi per la sfida «locale», la Sicilia resta crocevia cruciale in vista delle politiche. Non solo un test per la difficile alleanza di centrosinistra, ma anche una prova per gli equilibri interni al Pd e per i giochi sulla legge elettorale. Silvio Berlusconi, che spinge per una modifica sul modello tedesco, prova da subito ad accelerare e Fi alla Camera ottiene che la discussione sul sistema di voto riprenda in commissione il 6 e 7 settembre, per portare il testo in Aula alla fine del mese.
L’accelerazione piace alla minoranza Pd. Andrea Orlando, nel lanciare l’associazione Dems che guarda a un centrosinistra largo, annuncia un’iniziativa della minoranza sulla legge elettorale a settembre. La speranza è si aprano margini, in asse con Franceschini e anche con Fi, per un premio di governabilità alla coalizione. Ma ad escluderlo sembra essere Renzi quando si dice pronto a riaprire il tavolo sul sistema di voto, ma solo se c'è un accordo sia con il Cav che con Grillo: il M5s al premio di coalizione è fermamente contrario.
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