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Associazioni antiracket cancellate, ricorso al Tar contro il provvedimento

Prefettura di Palermo

PALERMO. Finisce davanti al Tar di Palermo la vicenda delle associazione antiracket espulse dalla prefettura di Palermo perché in odor di mafia. LiberoJato di Partinico e Libero Bagheria, associazioni intitolate a Libero Grassi, l'imprenditore ucciso dalla mafia il 29 agosto del 1991, chiederanno ai giudici amministrativi prima la sospensione e poi l'annullamento del provvedimento.

Tra i soci fondatori di LiberoJato ci sono i figli di Giuseppe Amato che, come sostengono i vertici di Libero Futuro, hanno avviato un percorso di cambiamento abbandonando Cosa Nostra. Giuseppe Amato è stato l'imprenditore edile di Partinico che diede la carta d'identità al capomafia Leoluca Bagarella, cognato di Totò Riina. Amato è stato anche esattore del pizzo per la cosca dei Vitale di Partinico. Da tempo ormai Amato e i figli si sono dichiarati fuori da Cosa Nostra. Una nuova vita segnata da furti e danneggiamenti all'impresa edile che sono stati immediatamente denunciati alle forze dell'ordine.

"Noi pensavamo di seguire le vie istituzionali - dice Enrico Colajanni di Libero Futuro - magari chiedendo alla prefettura di Palermo di sospendere in autotutela il provvedimento per mille ragioni. La notizia invece è stata resa pubblica in maniera clamorosa e in una data particolare. Si è creato lo scompiglio e il tema, che adesso va affrontato, non è l'iscrizione delle associazioni. Qua il tema è più complicato è quello degli imprenditori in provincia di Palermo che finiscono male se decidono di intraprendere un percorso di denuncia".

Oltre alle due associazioni sospese altre cinque sono state cancellate per inattività: "Sos Impresa Palermo", l'associazione "Co.di.ci. - centro per i diritti del cittadino", il "Coordinamento delle vittime dell'estorsione dell'usura e della mafia", "l'Associazione antiracket Termini Imerese" e l'associazione "Liberi di lavorare".

Nella lista della prefettura di Palermo restano soltanto il Comitato Addiopizzo, la società cooperativa sociale Solidaria, il Centro studi e iniziative culturali Pio La Torre e Libero Futuro.

"La decisione della prefettura di Palermo di cancellare le associazione antiracket è l'occasione per aprire finalmente un dibattito serio che deve portare a nuovi provvedimenti più coerenti in tutto il territorio nazionale sulla gestione degli imprenditori che decidono di denunciare abbandonando definitivamente Cosa Nostra" dice Francesco Billeci presidente di LiberoJato, una delle due associazioni antiracket cancellate.

"L'associazione - aggiunge Billeci - ha accompagnato diversi iscritti nei processi e fatto così condannare diversi estorsori. Grazie alla sinergia con le forze dell'ordine territoriali l'associazione ha, in poco tempo, prodotto ben 35 denunce per gravi fatti estorsivi che sono oggi all'interno di importanti arresti ed operazioni come Visir, Kelevra, o il processo Vitale e che vedono decine di indagini in corso. A cause di quelle denunce ho subito danneggiamenti e minacce".

Per il presidente Billeci ci sono due parti dello Stato che agiscono in modo incoerente: "Non è normale che la Procura della Repubblica ammetta un imprenditore al fondo speciale vittime della mafia (come per i Virga di Marineo) e che lo stesso imprenditore - che con le sue denunce nelle more ha fatto arrestare diverse personalità di spicco - subisca un sequestro di prevenzione aggiunge Billeci. Non è normale che quell'imprenditore depositi alla prima udienza le dichiarazioni di numerosi e pregievolissimi rappresentanti delle forze dell'Ordine che danno conto dell'importante apporto collaborativo nell'ambito della repressione di crimini mafiosi".

Incomprensibile per Billeci l'atteggiamento della prefettura di Palermo nei confronti degli imprenditori Amato. "A questo proposito si può citare il caso degli Amato di Liberjato il cui padre ha scontato interamente la pena ed in conseguenza ha subito la confisca dei beni ma poi, una volta tornato libero, sospinto dai figli, ha denunciato il suo estortore costituendosi parte civile e testimoniando in aula. Tutto ciò non è normale perché lo Stato più di qualsiasi altro ente o privato non può permettersi l'incoerenza. Oggi, molto più che un tempo, o sei contro o sei con cosa nostra".

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