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Dalla droga al gioco agli imballaggi industriali: il potere economico del clan di Brancaccio

PALERMO. Pietro Tagliavia, capo del mandamento mafioso di Brancaccio e della famiglia di "Corso dei Mille", attualmente ai domiciliari, secondo le indagini che oggi hanno portato a disarticolare il clan mafioso, gestiva il traffico di droga, il sostentamento dei detenuti e dei loro nuclei familiari attraverso la gestione della cassa comune, e un sistema di estorsioni attuate sul territorio, e alla gestione, tramite compiacenti prestanome, di un ramificato gruppo di imprese anche nazionali che si occupavano principalmente nel settore della commercializzazione degli imballaggi industriali "pallets".

Il capomafia gestiva anche il gioco del lotto abusivo nel suo mandamento. Le indagini, eseguite in stretto coordinamento dalla Squadra Mobile e dal Gico. del Nucleo di Polizia Tributaria di Palermo, hanno consentito di fare luce su numerosi episodi di minacce, danneggiamento, estorsione, furto e detenzione illegale di armi da parte di esponenti della cosca di Brancaccio.

Sono state ricostruite decine di estorsioni perpetrate ai danni sia di imprese edili impegnate in importanti lavori di ristrutturazione, sia di piccole attività commerciali storicamente attive nel territorio sul quale la consorteria esercita il proprio dominio.

Gli investigatori hanno ricostruito l'organigramma delle famiglie mafiose appartenenti al mandamento, definendo ruoli e competenze di ciascun associato e, in particolare, individuando gli elementi di vertice. Tra questi spiccano le figure di Claudio D'Amore, Bruno Mazzara e Giuseppe Lo Porto, (fratello di Giovanni, l'operatore umanitario sequestrato da Al Qaeda nel 2012 e assassinato tre anni dopo durante un'operazione antiterrorismo degli Usa) tutti collaboratori di Tagliavia; Francesco Paolo Clemente, Francesco Paolo Mandalà, Gaetano Lo Coco, incaricati del controllo delle numerose aziende, tutte intestate a prestanome, utilizzate per realizzare le frodi di natura fiscale, conseguendo il monopolio regionale e una posizione dominante nel restante territorio nazionale nella commercializzazione degli imballaggi industriali; Giuseppe Caserta e Cosimo Geloso, rappresentanti della famiglia di "Brancaccio"; ed infine Giuseppe Mangano, Giuseppe Di Fatta e Antonino Marino, titolati rappresentanti della famiglia mafiosa "Roccella".

È stato documentato come i rappresentanti del sodalizio mafioso, come è prassi, abbiano voluto esibire il proprio prestigio e fornire dimostrazione della propria forza anche in occasione di una delle ricorrenti feste rionali, autorizzando l'installazione di stand espositivi e monopolizzandone i guadagni.

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