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Contrada: "Su di me invenzioni di criminali" - Video

PALERMO. «Non ho mai commesso i fatti che mi sono stati contestati. Come dissi dopo la condanna di primo grado, se fossi stato colpevole certo dieci anni di galera non sarebbero stati sufficienti. Mi avrebbero dovuto fucilare alle spalle per alto tradimento. Contro di me ci sono solo invenzioni di efferati criminali pagati dallo Stato, capaci di passare sopra al cadavere della madre pur di uscire di galera o accuse suggerite loro da uomini che neppure voglio definire».

«Le carte dei miei processi - ha aggiunto - si dovrebbero raccogliere in un libro per gli studenti di Legge intitolato 'Come costruire un processo sul nulla'. C'è chi sbrana - ha concluso - e chi si contende i resti del cadavere: avvoltoi, corvi e iene». Lo ha detto l’ex numero due del Sisde Bruno Contrada nel corso della conferenza stampa convocata dal suo legale, l’avvocato Stefano Giordano, per commentare la sentenza della Cassazione che ha revocato la condanna a 10 anni inflitta all’ex poliziotto accusato di concorso in associazione mafiosa.

L’avvocato Stefano Giordano, legale di Bruno Contrada, chiederà che il suo cliente venga reintegrato nella Polizia.  Dopo il passaggio in giudicato della sentenza, oggi revocata, Contrada era stato destituito perdendo anche il diritto alla pensione maturata in 35 anni di carriera.
«Abbiamo già chiesto al Consiglio di Stato - ha detto Giordano - che Contrada venga reintegrato. Al momento il mio assistito è un incensurato. La Cassazione ha annullato tutti gli effetti penali della sentenza, ad esempio l’interdizione dai pubblici uffici».  Al momento dell’arresto, nel 1992, Contrada era stato da poco nominato dirigente generale della Polizia, era al Sisde ed era annoverato tra i possibili capi della Dia.  «L'inchiesta su di me - ha detto Contrada in conferenza stampa - fu condotta dalla Dia. Con questo non accuso nessuno e non alludo: racconto solo fatti».

«Non odio nessuno, semplicemente se incontrassi i miei accusatori, cambierei strada. Quello che sento verso chi si è comportato male con me è solo disprezzo, dove per disprezzo intendo mancanza di apprezzamento», ha aggiunto Contrada.

«Dopo un quarto di secolo di varie peregrinazioni giudiziarie, tra alterne sentenze di assoluzione e condanna, la Corte di Cassazione ha posto definitivamente fine al calvario di Bruno Contrada». Lo dichiara, in una nota, il senatore del gruppo ALA-SC Vincenzo D’Anna.  «E' veramente sbalorditivo che un uomo afflitto da gravi patologie, distrutto dall’abominio della carcerazione, sia riuscito a vedere definitivamente riabilitata la propria vita e la propria onorabilità di funzionario e di servitore dello Stato».

«Carnefici di Contrada - prosegue ancora D’Anna - sono stati sia i magistrati inquirenti, sia l’inconsistenza e l'ambiguità di un reato, peraltro ancora inesistente nel codice penale, chiamato concorso esterno in associazione mafiosa». Ovviamente, aggiunge ancora il parlamentare, «in nome dell’indipendenza e dell’autonomia della magistratura, coloro che hanno distrutto la vita dell’ex capo della Polizia non pagheranno per i loro errori avendo, nel frattempo, fatto carriera».

Per D’Anna «nel mentre il Senato licenzia un ulteriore provvedimento (la confisca dei beni per i pubblici amministratori) che rinforza ulteriormente il potere e la discrezionalità dei giudici, la cronaca ci consegna un caso che dovrebbe spingere le anime belle che tuttora abitano in Parlamento, ad assumere iniziative legislative volte almeno a definire, tipizzare e quindi circoscrivere l’applicabilità del reato di concorso esterno. Per tutti quanti gli altri valga il monito di Hemingway: la campana (della giustizia ingiusta) suona anche per te».

«I fatti rimangono fatti, i rapporti di grave collusione con la mafia rimangono accertati nella loro esistenza e gravità. Già questo rende merito al lavoro della procura di Palermo e dei giudici che li hanno accertati». Ha detto invece l’ex pm Nino Di Matteo, ora sostituto procuratore alla Dna. «Spero - ha aggiunto - che questo venga spiegato per arginare le strumentalizzazioni finalizzate a rappresentare falsamente l'insussistenza dei fatti contestati».

 Immagini di Marco Gullà.

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