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Albicocca di Scillato, anno record: produzione di quasi 30 quintali

PALERMO. L’annata si preannunzia come una delle migliori, le giuste condizioni climatiche hanno favorito una buona produzione e gli alberi sono carichi di frutti dolci e succosi. L’albicocca di Scillato, presidio Slow Food del palermitano, quest’anno sfiorerà i trenta quintali di raccolto. Un record per un presidio nato solo due anni fa dalla volontà di cinque giovani imprenditori, convinti a non abbandonare una coltivazione che un tempo era stata fiorente in quelle zone ad est di Palermo ma, soprattutto, convinti a non abbandonare la propria terra in cerca di fortuna altrove.

«A volte cerchiamo lontano ciò che abbiamo a portata di mano. Qui c’è il potenziale per fare bene e noi abbiamo scelto di restare per fare ciò che davvero ci piace, stare a contatto con la terra», racconta Alberto Battaglia che, con Giuseppe Oddo, Angelo Nicchi e Giuseppe Quagliana, età media 35 anni, ha fondato «Terre di Carusi» e si occupa di coltivare e vendere le albicocche e anche un altro noto prodotto di Scillato, le arance. «Certo le difficoltà sono tante – continua – il presidio è nato da poco, noi non siamo meccanizzati perché tutto viene fatto a mano quindi la produzione non è abbondante ma abbiamo già molte richieste per il prodotto, soprattutto dal Nord, da pasticcerie e gruppi d’acquisto che hanno avuto modo di provare le nostre albicocche e sono rimasti colpiti dal loro gusto».

La zona di coltivazione è quella della valle del fiume Imera, ai piedi del parco delle Madonie, dove hanno iniziato avviando un percorso di recupero di
vecchi impianti di albicocco abbandonati e oggi stanno lavorando per realizzarne di nuovi, aumentando così la superficie e la produzione.

«Abbiamo 300 piante e ne pianteremo altre 250», dice Battaglia. Hanno anche recuperato l’antica ricetta della confettura che si faceva un tempo in paese, coinvolgendo le donne, le mamme, le nonne, alle quali vengono affidati circa dodici quintali di raccolto perché sia trasformato in gustosi barattoli di confettura.

«La nostra è una varietà di albicocca precoce, resistente, ricca di proprietà organolettiche – spiega Alberto Battaglia - Il frutto è piccolo, profumato e
saporito, matura a fine maggio e dura per circa tre settimane. La coltivazione è di tipo tradizionale, ogni anno si potano gli alberi e non si fanno trattamenti
chimici di alcun genere. Qui è la terra la vera ricchezza e irrighiamo con le nostre acque che, come molti sapranno, sono potabili. Anche le concimazioni
sono limitate».

Il piccolo frutto dalle striature rossastre, un tempo era considerato prezioso e c’era anche chi arriva da molto lontano per potersene accaparrare qualche pezzo. Poi, come racconta Slow Food, la pressione di prodotti più redditizi e di mercati più dinamici, ha reso questa varietà a rischio di scomparsa.

«Tutto questo non lo facciamo certo soltanto per fare reddito ma principalmente per salvare dall’abbandono il nostro territorio – conclude Battaglia – con un obiettivo importane, costruire il nostro futuro sulla nostra terra».

L’albicocca di Scillato fa parte dei 44 presidi Slow Food della Sicilia che, in Italia, è la regione che ne conta il maggior numero.

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