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Ricercatrice condannata per terrorismo a Palermo, si valuta la sua protezione

PALERMO. E’ stata ascoltata dalla commissione del Viminale che valuta le richieste di protezione internazionale Khadiga Shabbi, la ricercatrice universitaria libica condannata dal gup di Palermo ad un anno e otto mesi per istigazione a commettere reati di terrorismo. La donna, dopo il verdetto, è stata trasferita nel Cie di Ponte Galeria a Roma e ha chiesto il riconoscimento dello status di rifugiata dal momento che nel suo Paese c'è la guerra civile.

Dopo la sentenza, il Prefetto di Palermo ha emesso a suo carico un decreto di espulsione. I legali di Shabbi si sono rivolti ai giudici invocando la protezione internazionale e chiedendo che la donna non fosse rimpatriata.  Il giudice monocratico di Roma in attesa della decisione della commissione ha comunque deciso di non lasciare libera la ricercatrice e di trattenerla nel Cie. Provvedimento che sarebbe legato a motivi di sicurezza.

Il caso Shabbi, in Italia grazie a una borsa di studio all’università di Palermo pagata dall’ambasciata libica, è scoppiato a dicembre del 2015, quando la Procura di Palermo, a seguito di una inchiesta della Digos, ne dispose il fermo. I pm hanno contestato alla donna di avere fatto propaganda a gruppi integralisti islamici attraverso il web e diversi contatti con foreign fighters libici. La Procura ne aveva chiesto la condanna a 4 anni, il gup gliene ha dato uno e otto mesi sospendendole la pena e liberandola. Dopo la scarcerazione l’imputata, raggiunta dal decreto di espulsione del prefetto, è stata trasferita al Cie di Roma.

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