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Il racket delle auto a Palermo, ma col permesso del boss

PALERMO. Sono organizzati in «squadre», dividono i profitti e, se necessario, aiutano chi finisce in carcere, come spiegano loro stessi nelle intercettazioni. Sanno essere “sensibili” e se la macchina che hanno appena rubato appartiene ad un disabile per restituirla sono disposti a praticare sconti particolari.

Ma i ventisei membri della presunta banda specializzata in furti d’auto e cavalli di ritorno (cioè estorsioni), arrestati venerdì dalla Squadra mobile, avrebbero dovuto rendere conto delle loro attività anche a Cosa nostra, pagando una tangente per poter lavorare. Sono questi alcuni dei retroscena che emergono dall’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Filippo Serio, che ha sostanzialmente accolto le richieste del procuratore aggiunto Leonardo Agueci e dei sostituti Francesca Mazzocco, Caterina Malagoli e Ferdinando Lo Cascio.

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