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Pipitone svela retroscena di altri tre omicidi, chieste nuove indagini

PALERMO. Il collaboratore di giustizia Antonino Pipitone continua a parlare e si va così verso la riapertura delle indagini per tre omicidi: quelli del boss Lino Spatola, di Felice Orlando e di Giampiero Tocco.

La settimana scorsa, proprio grazie alle dichiarazioni del nuovo pentito, sono state fermate tre persone (Vincenzo Pipitone è stato arrestato ieri), per gli omicidi di Antonino Failla e Giuseppe Mazzamuto e il delitto di Francesco Giambanco.

Lino Spatola, racconta il pentito ai pm, fu ucciso su ordine del boss Salvatore Lo Piccolo che lo riteneva un traditore. Eliminato nel 2006, sarebbe stato attirato in un tranello: un invito a pranzo a cui si sarebbe presentato con una bottiglia di champagne e un coniglio.

Ma fu strangolato e sepolto coi regali che aveva portato. La vicenda è ancora più drammatica per il suo antefatto. Ad agosto del 2006, i killer mandati da Lo Piccolo a uccidere Spatola sbagliarono e spararono un innocente pensionato, Giuseppe D'Angelo, per errore scambiato per il mafioso. D'Angelo fu freddato davanti a un fruttivendolo a Tommaso Natale. Per l'omicidio D'Angelo, "colpevole" di somigliare alla vittima designata, Nino Pipitone sta scontando una condanna all'ergastolo, così come i Lo Piccolo.

Eclatante anche l'omicidio di Felice Orlando, il piccolo imprenditore edile assassinato nel novembre 1999 con sette colpi di pistola nel cuore del quartiere Zen 2. Il delitto si collocherebbe nel regolamento di conti e nell'affermazione dell'egemonia dei Lo Piccolo nella zona.

Sempre dai capimafia sarebbe arrivato l’ordine di uccidere Giampiero Tocco, rapito davanti alla figlia di 6 anni e poi assassinato. Tocco fu eliminato il 26 ottobre del 2000, a Terrasini, da un commando di killer di Cosa nostra travestiti da poliziotti.

Nell'auto della vittima erano piazzate delle microspie – era in corso una indagine sulla cosca di S. Lorenzo – che registrarono la drammatica telefonata avvenuta subito dopo il rapimento, fra la bambina, che usò il cellulare lasciato dal padre, e la madre. E' stata proprio la moglie di Tocco a convincere la figlia a ''cristallizzare'' i suoi ricordi di quel giorno in un disegno finito, poi, agli atti del processo.

La piccola ritrasse i sequestratori del padre travestiti da agenti. Il disegno è stato fondamentale per riscontrare le dichiarazioni dei pentiti. Secondo i pentiti, Tocco venne fatto uccidere perché ritenuto dai Lo Piccolo responsabile del tradimento e dell'uccisione di Giuseppe Di Maggio, figlio del boss di Terrasini Gaspare e alleato dei capimafia di San Lorenzo.

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