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"Traffico di esseri umani", processo in vista per l'eritreo arrestato

Mered Yehdego Medhane

PALERMO. Alla fine ha prevalso il punto di vista dell'accusa e il Gip Alessia Geraci ha rinviato a giudizio l'eritreo arrestato lo scorso maggio in Sudan dalla Procura di Palermo con l'accusa di essere uno dei trafficanti di esseri umani più pericoloso al mondo. Il processo a Mered Yehdego Medhane comincerà  il 16 novembre prossimo davanti alla quarta sezione del Tribunale di Palermo.

Questa mattina la Procura aveva chiesto il processo per il presunto boss degli sbarchi facendo riferimento alla memoria depositata nella scorsa udienza  in cui elenca diciassette nuovi elementi di accusa a carico del giovane eritreo estradato a giugno. Il ragazzo ha sempre sostenuto che ci sia stato uno scambio di persona, ma i magistrati sono certi che si tratti del trafficante ricercato da anni. Yehdego eritreo di 35 anni, secondo i magistrati ha un grosso "spessore criminale" e per anni sarebbe stato impegnato nella "incessante attività nell'organizzazione di viaggi via mare verso le coste siciliane".

Nell'interrogatorio il giovane eritreo ha detto che non è lui l'uomo ricercato e secondo alcuni parenti ci sarebbe stato uno scambio di persona, ma i pm non hanno dubbi e oggi lo ribadiscono in una memoria.

La consulenza fonica, depositata oggi, non ha prodotto risultati rilevanti. Non è stato infatti possibile comparare le intercettazioni telefoniche del 2014 con quelle del 2016 perché nelle più recenti l'eritreo parla a voce troppo alta.

Secondo l'accusa, nell’ambito dell'associazione a delinquere Medhanie rivestiva il ruolo di capo e promotore del sodalizio, provvedendo ad organizzare dapprima la rotta terrestre dei migranti (in talune occasioni anche “acquistando” gruppi di migranti da altri sodalizi criminosi operanti in Africa che li avevano in precedenza sequestrati) per consentire loro di raggiungere le coste del Mediterraneo ove gestiva, in concorso con altri soggetti, i luoghi per la loro concentrazione, anche vigilati da guardie armate, nei pressi di Zwarah e di Tripoli da cui, in seguito, organizzava dietro compenso le traversate via mare per raggiungere la Sicilia, nonché mettendo i migranti in diretto contatto con i referenti sul territorio italiano per organizzarne la ricezione in Sicilia ovvero la fuga dai centri di accoglienza per poi aiutarli, dietro ulteriore pagamento, a raggiungere i paesi del Nord Europa individuati quale meta finale del viaggio dai singoli migranti. L'inchiesta è coordinata dall'aggiunto Maurizio Scalia e dai pm Gery Ferrara, Claudio Camilleri e Annamaria Picozzi.

In sintesi, dunque - per i pm - Medhanie risultava essere operativo tra il Sudan e la città libica di Tripoli ed era uno dei trafficanti di migranti clandestini maggiormente coinvolto nell’organizzazione dei viaggi in nave verso le coste siciliane. "Risulta accertato - scrivono i magistrati - che molti dei componenti del sodalizio operanti nel territorio nazionale erano ben a conoscenza degli arrivi dei barconi fatti partire dal Medhanie per il quale, tuttavia, a differenza del complice Ermias, non si registravano contatti telefonici diretti con il territorio nazionale in quanto lo stesso si affida a programmi di comunicazione digitale che impiegano protocollo VOIP, quali Skype, Viber o WhatsApp come emergeva dal contenuto delle conversazioni intercettate".

L'avvocato Michele Calantropo dice che "si affronterà il processo con la serenità dell'innocenza. Durante il dibattimento potremo produrre tutte le prove a disposizione per dimostrare la totale estraneità ai fatti del mio assistito".

Simona Licandro

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