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Cosa nostra nel Palermitano, la mappa dei boss in provincia

PALERMO. Capi, sottocapi, capi occulti, i gruppi d'azione ovvero le squadrette di «bravi ragazzi» sempre pronti a menare le mani ed a fare attentati. E poi le dinamiche mafiose, chi sale e chi scende, le annessioni ed i nuovi assetti. Ecco l'elenco dei pezzi da novanta della provincia orientale così come emerge dalle carte dell'inchiesta condotta dai carabinieri del gruppo di Monreale sfociata martedì mattina in 33 arresti.

L'organigramma riguarda il mandamento di Trabia-Termini, una decina i capi cosca individuati dagli investigatori. Ecco l'elenco.

Mandamento di Trabia. Il capo è Diego Rinella, detto «Dino» o «u signurinu», fratello di Salvatore, boss storico della zona, latitante per 8 anni e catturato nel 2003. Per gli inquirenti è «il reggente occulto», colui che dava gli ordini e coordinava le estorsioni. La sua base operativa era il deposito materiali della «Himera edilizia» in contrada San Leonardo, adesso messa sotto sequestro. Il vice di Rinella, sempre secondo l'accusa, è Michele Modica, detto «Michèsambuca» o «u checcu». Era l'uomo che si «esponeva all'esterno», come scrive il giudice Fabrizio Molinari, e si occupava tra l'altro delle nuove affiliazioni e del sostentamento dei detenuti.

Famiglia di Termini. Il personaggio principale è Giuseppe Libreri che aveva adottato la stessa strategia di Rinella. Lui dava gli ordini e si era scelto «un reggente occulto», Salvatore Palmisano, per evitare di avere troppi contatti con gli altri affiliati. Della stessa famiglia fa parte il fratello di Libreri, Rosario, e Massimiliano Restivo, detto «sigareddu», che secondo gli investigatori prima faceva parte della cosca di Trabia per poi passare a quella di Termini Imerese, alle dipendenze del vecchio capo-mandamento Antonino Teresi.

La cosca di Termini aveva a disposizione «un gruppo d'azione», così viene definito dagli inquirenti, addetto a danneggiamenti, estorsioni e rapine. Ne fanno parte, sostiene la procura, Mario, Rosario e Luigi D' Amico, Raimondo Virone, Michele Parisi, Antonino Fardella, Mario Salvatore Monastero.

Famiglia di Caccamo. A dirigere la cosca è Diego Guzzino che nel 2012 ha sostituito al vertice Filippo Giovanni Colletti. Pure lui si era scelto un uomo-ombra che faceva da reggente occulto, ovvero Salvatore Sampognaro. I «soldati» sono Vincenzo Medica, Loreto Di Chiara, Luigi Giovanni Barone e Nicasio Salerno.

Famiglia di Cerda. Il capo è Stefano Contino subentrato alla famiglia Rizzo e scalzando Giuseppe Albanese della famiglia di Caltavuturo. Una mossa che ha avuto una diretta conseguenza. «Caltavuturo e Sclafani Bagni sono tornate dal mandamento di San Mauro a quello di Trabia - scrive il gip - e di conseguenza annettendo alla famiglia di Cerda, Sclafani Bagni, Aliminusa e Caltavuturo».

Adesso responsabile di Caltavuturo sarebbe Giacomo Li Destri, mentre un ruolo importante a Cerda lo avrebbe assunto l'insospettabile geometra Gandolfo Maria Interbartolo. Prendeva ordini solo da Contino e curava i rapporti diplomatici con quelli di San Mauro. Anche Cerda aveva la sua squadretta di bravi ragazzi: Giovanni Di Marco, Giovanni Gaetano Muscarella, Rosario Lanza, Vincenzo Civiletto, Riccardo Giuffrè.

Famiglia di Caltavuturo. Il vecchio capo è Giuseppe Albanese, il nuovo Stefano Contino di Cerda che adesso per gli investigatori controlla due cosche.

Montemaggiore Belsito. Il boss per gli investigatori è Giovanni Giallombardo che decide estorsioni, intimidazioni e danneggiamenti. Il metodo è sempre lo stesso: lui è il reggente occulto, mentre l'uomo che appare all'esterno è un altro, ovvero Benedetto Mazzeo. Quest'ultimo avrebbe avuto il compito anche di tenere i rapporti con i boss di Passo di Rigano.

Valledolmo e Sciara. Il capo è Mario Rosolino Cascio, considerato tra l'altro il vero esperto nel settore armi. È lui che avrebbe contrattato l'acquisto di due micidiali bazooka, chiamati «colonne». A Sciara il boss è invece Nicola Teresi.

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