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Delitto del Borgo, pene ridotte: assolto uno degli accusati

Sentenza d'appello per l'omicidio a coltellate di Vincenzo Chiovaro e Antonino Lupo nella piazza del Borgo Vecchio nel 2002

PALERMO. Non sono credibili né Fabio Nuccio, né Giovanna Galatolo e nemmeno Francesco Chiarello. Per tutti e tre la Corte d'assise d'appello di Palermo - che ha processato Gaetano Cinà e i figli Massimiliano e Francesco, accusati dell'omicidio a coltellate di Vincenzo Chiovaro e Antonino Lupo nella piazza del Borgo Vecchio nel 2002 - ha inviato gli atti alla Procura.

Senza le tre testimonianze, sono cadute le accuse a carico di Francesco Cinà (assistito dall'avvocato Toni Palazzotto), assolto per non avere commesso il fatto, mentre gli altri due (assisititi da Marco Clementi e Giuseppe Farina) sono stati condannati a 13 anni.

E' stata solo in parte accolta, quindi, la tesi del pg che aveva parzialmente sposato la versione di Chiarello, secondo il quale i Cinà avrebbero punito con il sangue le molestie delle due vittime nei confronti della figlia di Massimiliano. La dinamica raccontata da Chiarello non aveva del tutto convinto però il pg, che aveva attribuito al tanto tempo passato le discordanze con i rilievi della scientifica.

Già rigettate anche dall'accusa le versioni di Fabio Nuccio, fratello del pentito Antonio, e Giovanna Galatolo, giudicati inattendibili. Nelle precedenti udienze erano emerse contraddizioni e molti "non ricordo" nella la deposizione di Fabio Nuccio, uno dei primi accusatori dei tre imputati.

Chiovaro e Lupo, secondo Nuccio, sarebbero stati uccisi perché avevano rubato lo scooter a uno dei Cinà e per restituirlo pretendevano un riscatto. Un movente ribadito in aula, ma senza i tanti particolari che lo avevano reso un teste chiave del processo. Proprio per verificare l'attendibilità di Nuccio, la corte di Cassazione aveva annullato il processo d'appello in cui i tre imputati erano stati condannati, rinviando ad altra sezione.

Diverse le divergenze con un altro testimone: il neopentito Chiarello. Anche la sua versione non ha però convinto. La dinamica raccontata da Chiarello non sarebbe compatibile con i rilievi della scientifica e con l'autopsia. Questo era il secondo processo d'appello. La Cassazione aveva infatti annullato con rinvio la condanna dei Cinà a 16 anni ciascuno.

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