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Ricercatrice fermata a Palermo: "Sostegno al terrorismo tramite internet"

PALERMO. Kadiga Shabbi "ha mostrato di essere in grado di padroneggiare gli strumenti di comunicazione di massa con spregiudicatezza e di volerli finalizzare alla diffusione dell'esaltazione della guerra e del terrorismo islamico.
E' chiaro che la misura dell'obbligo di dimora è quanto meno distonica rispetto al fine cautelare". E' un passo della motivazione del provvedimento, depositato oggi, con cui i giudici del riesame di Palermo hanno disposto, accogliendo l'appello del pubblico ministero, la custodia cautelare in carcere per la ricercatrice libica fermata a dicembre per istigazione a delinquere in materia di reati di terrorismo. Il riesame "boccia" la decisione del gip di non accogliere la richiesta del carcere per la donna, fatta dalla procura, e di disporre solo l'obbligo di dimora.
"E' sufficiente - scrivono i magistrati - la disponibilità della donna di un cellulare o di un computer per consentirle la reiterazione del reato". Il collegio parla di "volontà e pervicacia di sostenere e diffondere il messaggio delittuoso e di portare avanti il ruolo di sostegno dall'esterno alla causa del terrorismo.
L'indagine sulla Shabbi è stata condotta dalla Digos e coordinata dal procuratore aggiunto Maurizio Scalia e dai pm Gery Ferrara ed Emanuele Ravaglioli che hanno disposto il fermo della donna. Il gip, oltre a non convalidare il fermo, escludendo il pericolo di fuga, negò l'arresto.
Il tribunale del Riesame, che ha accolto la tesi della Procura, in 46 pagine ha riportato tutti gli elementi - intercettazioni telefoniche e l'intensa attività di propaganda sui social data dalla Shabbi all'organizzazione terroristica Ansar Al Sharia Libya vicina ad Al Qaeda - portati dall'accusa a sostegno della richiesta della custodia cautelare in carcere. Nella decisione viene sottolineata particolarmente la disponibilità fornita dalla ricercatrice universitaria "per far tornare i ribelli libici".
Inoltre la donna "abile nell'eludere le indagini potrebbe avvertire le persone, ancora non identificate, coinvolte nella diffusione dei messaggi di cui si nutre il proselitismo e l'arruolamento nelle fila del terrorismo di matrice islamica", precisa il tribunale. I giudici, infine, non escludono che se richiesta Shabbi andrebbe, ben oltre il sostengo ideologico alla causa "fino ad offrire ben più incisivo contributo alle esigenze anche solo logistiche di soggetti in Italia o in transito che abbiano come scopo e con l'uso di armi finalità di commettere delitti di terrorismo o crimini contro l'umanità". Shabbi resta comunque libera fino alla pronuncia della Cassazione.

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