Questo sito contribuisce all’audience di Quotidiano Nazionale

Pagliarelli, i tre quarantenni al potere: così controllavano il pizzo e la droga. Nomi, foto e video

Uno era soprannominato "belli capelli", l'altro Massimo, il terzo "cappellino", per l'abitudine di portare sempre il capo coperto

ALESSANDRO ALESSI (in carcere)

PALERMO. Uno era soprannominato "belli capelli", l'altro Massimo, il terzo "cappellino", per l'abitudine di portare sempre il capo coperto. D'inverno e d'estate. Erano i tre triumviri di Palermo. E si erano divisi un "mandamento" ricco, quello di Pagliarelli, centimetro per centimetro. Ognuno aveva la propria area di influenza. E controllava racket delle estorsioni, business in disgrazia nell'era della crisi, ma soprattutto il traffico della droga, attività a cui Cosa nostra sta tornando a dedicarsi.  Tre quarantenni in ascesa con un cursus honorum mafioso di tutto rispetto Alessandro Alessi, "re" di corso Calatafimi, Giuseppe Perrone, a capo del clan di Pagliarelli, e Vincenzo Giudice ras del Villagio Santa Rosalia, finiti in carcere per mafia, traffico di droga ed estorsione aggravata. Insieme a loro in 33 sono stati arrestati, mentre a sei è stato notificato l'obbligo di dimora.

E' l'ultima operazione dei carabinieri di Palermo e della Dda del capoluogo che ha ricostruito i vertici delle cosche e i loro affari, mettendo in risalto come - ha spiegato il procuratore Francesco Lo Voi - la mafia conserva la sua capacità di adattamento". Emblematica in questo senso la scelta di tornare al traffico di droga che, stavolta, ha come protagonista una donna, Concetta Celano. Beccata con 5 chili di stupefacente in auto mentre tornava da un'udienza e tramite coi "cartelli" sudamericani.

I clan si rifornivano da Campania e Piemonte e avevano stabilito regole ferree per far fruttare al meglio lo spaccio. Il mercato veniva inondato di "roba" il giovedì, in modo da vendere di più nel week-end, e il lunedì il ricavato veniva reinvestito per comprare altra droga. I pusher dovevano rispettare le gerarchie. Pena: sanzioni anche violente.  Ma oltre alla droga, più redditizia in un momento di crisi economica, Cosa nostra continua a taglieggiare i commercianti e gli imprenditori: tutto serve per rimpinguare le casse e mantenere le famiglie dei detenuti, sempre più numerosi. Qualche vittima, però, stanca di subire comincia a denunciare, come l'imprenditore che si era aggiudicato l'appalto per la ristrutturazione del Policlinico a cui era stata chiesta una tangente di 500mila euro.

Dall'inchiesta è emerso l'interesse dei clan per diverse attività commerciali legate alla sanità: il bar dell'ospedale Civico, ora sequestrato, infatti era luogo di summit di boss e veniva gestito da un prestanome del capomafia di Pagliarelli. Ancora una volta, infine, emergono le complicità e le collusioni insospettabili con le cosche: un vigile urbano, Gaetano Vivirito, avrebbe intascato una mazzetta di 350 euro per aiutare il mafioso Antonino Calvaruso ad evitare controlli della polizia municipale nella sua attività commerciale. A Calvaruso è bastato contattare l'amico per risolvere il problema. "Dammi i nomi di quei crasti (cornuti, ndr) che hanno fatto i controlli", diceva il vigile corrotto, non sapendo di essere intercettato e riferendosi ai colleghi solerti.

 

Caricamento commenti

Commenta la notizia