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I morti ammazzati e le feste dei boss, Palermo vista dall'Ucciardone

Storia di un carcere attraverso il racconto degli ex direttori

PALERMO. L'Ucciardone racconta Palermo, la città che spara un morto al giorno negli anni '80 mentre il carcere è bello per i detenuti boss, la gente che piange vittime di mafia mentre in cella si brinda, le regole di collocazione che cambiano e dai mafiosi divisi in celle per famiglie «perché non si possano ammazzare» ad oggi che invece si va per regolamento: nel convegno organizzato dal progetto europeo «Prison litigation network» e dal Conams, il Coordinamento nazionale magistrati di sorveglianza che ha operato attraverso l' ex magistrato Nicola Mazzamuto, il tema è: la storia del carcere che cambia con la città.

E quell'Ucciardone che era «uno dei più problematici istituti di detenzione d'Europa» dice un direttore di ieri come Gianfranco De Gesu «oggi si allinea con le medie nazionali ed europee». Mentre la sintesi di chi conosce la città come il sindaco Leoluca Orlando, conferma che c' è «una forte identificazione e un legame stretto: se avanza Palermo avanza l'Ucciardone, perché l'Ucciardone è Palermo e Palermo è l'Ucciardone».

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