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Omicidio allo Zen, così le telecamere ricostruiscono l'agguato

Una rissa e due sparatorie a distanza di poche ore. E' lo scenario in cui si è consumato, ieri, allo Zen di Palermo, l'omicidio di Franco Mazzè

PALERMO. Una rissa e due sparatorie a distanza di poche ore. E' lo scenario in cui si è consumato, ieri, allo Zen di Palermo, l'omicidio di Franco Mazzè, pregiudicato, assassinato a colpi di pistola da due killer fuggiti, poi, in auto.

Questa la ricostruzione dei fatti venuta fuori dall'analisi delle immagini di una serie di videocamere e dalle indagini della polizia, coordinate dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi e dal pm Gery Ferrara. Ieri mattina, in un bar dello Zen, c'è stata una violentissima lite tra Fabio Chianchiano, l'uomo fermato stanotte nell'abito dell'inchiesta sull'assassinio, e il fratello della vittima. Tutto comincia, come riprendono le telecamere del locale, da una discussione che degenera davanti a decine di persone che, come prevedibile, sostengono poi di non aver visto nulla.

Qualche ora dopo Mazzè viene affiancato da un auto blu con due persone a bordo che scendono e gli sparano. E' una esecuzione in piena regola. La vittima viene colpita alla testa e il proiettile gli trapassa il cranio, ma non muore subito. A terra verranno trovati 8 bossoli di proiettili militari para bellum. C'è il sospetto che siano stati sparati da un'arma rubata tre giorni prima a una guardia giurata. L'uomo resta a terra e accorrono i parenti.

Casualmente passa di lì poco dopo un'ambulanza chiamata dai familiari di un anziano che si era sentito male. Il mezzo viene fermato e il conducente invitato a prendere a bordo Mazzè che viene portato a Villa Sofia, dove muore poco dopo l'arrivo. Qualche ora dopo due uomini col volto coperto da un cappuccio - uno dei quali secondo la polizia è Chianchiano - si presentano a casa di un amico della vittima, Michele Moceo, anche lui, come Mazzè a cui è legatissimo, con precedenti in indagini di mafia, e sparano contro la sua abitazione. Escono i familiari di Moceo, che poi negheranno anche di avere sentito i colpi, ma chi ha sparato è già fuggito.

Per tentato omicidio, quattro ore dopo, viene fermato Chianchiano che dirà agli inquirenti, nel corso di un lunghissimo interrogatorio, di avere passato la domenica in chiesa a distribuire le palme benedette. Un alibi poco credibile, le immagini della videosoprveglianza piazzata davanti casa di Moceo lo immortalerebbero mentre spara contro l'abitazione. E scatta il fermo di polizia giudiziaria per tentato omicidio e possesso di arma da guerra.

Gli investigatori stanno cercando di capire il movente dell'omicidio e della sparatoria davanti a casa di Moceo, episodi certamente collegati. Secondo la polizia, infatti, Chianchiano, e un complice ora ricercato, avrebbero prima ucciso Mazzè, poi cercato di assassinare o intimidire l'altro pregiudicato. Non è ancora chiaro se dietro i due blitz ci sia la reazione alla rissa scoppiata al bar, in cui Chianchiano ha avuto la peggio, o - e questa è l'ipotesi più accreditata - una resa dei conti per questioni legate al traffico di droga o alle rapine.

Il nome di Chianchiano verrebbe fuori nei "pizzini" sequestrati al boss di San Lorenzo Sandro Lo Piccolo, il pregiudicato avrebbe precedenti per traffico di droga. Potrebbe dunque essere venuto in contrasto con Mazzè e Moceo - anche lui con una lunga lista di contestazioni per mafia, rapina e droga - e avere pianificato la loro eliminazione. Per avere un quadro più preciso occorre comunque attendere gli esiti dell'autopsia sul cadavere, dei rilievi antropometrici che dovrebbero confermare che è stato Chianchiano a sparare contro l'abitazione e la comparazione dei proiettili usati nei due agguati. Intanto il pm ha 48 ore per chiedere al gip la convalida del fermo di Chianchiano. Il giudice ne ha altrettante per fissare l'udienza e decidere.

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