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Appartamenti, magazzini e aziende sequestrati a Palermo a due esponenti della famiglia Vernengo

PALERMO. Il Nucleo di Polizia Tributaria della guardia di finanza di Palermo ha sequestrato a Cosimo Vernengo, 48 anni nato ad Avola, figlio di Antonino Vernengo detto “u dutturi”, e deceduto nel 2006 e nipote di Pietro 71 anni, entrambi condannati per mafia, due appartamenti e un magazzino del valore di circa 300.000 euro.

Confiscata ad Antonino Vernengo, 57 anni, di Palermo un’azienda edile, cinque immobili, tra Palermo e Carini, quote societarie, disponibilità finanziarie e un autocarro, per un valore complessivo di oltre un milione di euro, in esecuzione di due distinti provvedimenti emessi dal Tribunale di Palermo, Sezione Misure di Prevenzione.

Cosimo Vernengo è stato condannato nel 2010 a 12 anni di reclusione per associazione mafiosa e per numerosi episodi di estorsione aggravata, condotti per conto della famiglia mafiosa palermitana di Santa Maria di Gesù. Il sequestro eseguito trae origine dalle indagini svolte dal Gico della Finanza di Palermo, che ha rilevato come i redditi dichiarati non fossero sufficienti per giustificare gli acquisti e gli investimenti effettuati da Vernengo negli anni. Questa sproporzione ha fatto quindi supporre che i beni sequestrati siano stati acquisiti con i profitti dell’attività illecita della famiglia di origine.

Antonino Vernengo, imprenditore edile è stato arrestato nel 2007 per intestazione fittizia di beni, con l’aggravante di aver favorito la famiglia mafiosa di Palermo “Cruillas”. Anche se è stato assolto nel 2009, nell’anno successivo è iniziato l’autonomo procedimento per l’applicazione di una misura di prevenzione personale e patrimoniale, che ha portato, essendo stata comunque riconosciuta la sua pericolosità sociale, dapprima al sequestro dei beni riconducibili a lui ed al suo nucleo familiare, in quanto ritenuti sproporzionati rispetto ai redditi ufficialmente dichiarati e ora alla confisca.

La pericolosità sociale, secondo gli uomini delle fiamme gialle, sarebbe il presupposto per l’applicazione della misura di prevenzione, sarebbe stata provata da alcune intercettazioni telefoniche tra esponenti della famiglia mafiosa della Noce, nonché da dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia.

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