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Concerti di Beethoven, François-Frédéric Guy sul palco a Palermo

PALERMO. È tra i pochi pianisti viventi, unico nella sua generazione, ad aver in repertorio l'intera opera con pianoforte di Beethoven (solo, con orchestra e da camera) e ha inciso l'intero ciclo delle Sonate e dei Concerti per pianoforte e orchestra. Il pianista francese François-Frédéric Guy è il protagonista del concerto di stasera alle 20.30 al Teatro Massimo, secondo appuntamento della rassegna dedicata al grande compositore tedesco che prevede, fino al 2 aprile, l’esecuzione di tutti i 6 concerti per pianoforte e orchestra con grandi interpreti, e la proposizione di alcune chicche. Questa volta, in programma ci sono due Concerti e una Romanza celebri e un tesoro quasi sconosciuto, che sarà eseguito per la prima volta in Italia dal primo oboe del Teatro Massimo, Pier Ugo Franchin. Si tratta del Concerto in Fa maggiore per oboe e orchestra H 12, secondo movimento di un concerto considerato perduto fino agli Settanta del secolo scorso e ricostruito nel 2003 a partire dai manoscritti custoditi al British Museum.

I Concerti in programma sono il n. 2 in Si bemolle maggiore op. 19 e  il Concerto n. 3 in Do minore op. 37, la Romanza è l’op.50 in Fa maggiore per violino e orchestra. Sul podio il direttore tedesco Sebastian Lang-Lessing, ospite ricercato dei più prestigiosi teatri e sale da concerto in tutto il mondo e direttore musicale della San Antonio Symphony Orchestra, dopo essere stato direttore residente alla Staatsoper di Amburgo e alla Deutsche Oper di Berlino.

La prima stesura del Concerto n.2, di fortissima influenza mozartiana, risale al 1794-95, e il compositore lo presentò in pubblico il 29 marzo 1795 al Burgtheater di Vienna, sotto la direzione di Antonio Salieri; nove mesi dopo, grazie al successo ottenuto, lo eseguì di nuovo in due date, stavolta diretto da Haydn. Del Rondò conclusivo Beethoven scrisse diverse versioni. A proposito di quella eseguita nel 1795 Franz Wegeler, amico d’infanzia di Beethoven, racconta che due giorni prima del concerto il compositore, sofferente di coliche, passava a una a una le pagine ancora fresche d’inchiostro del Rondò a quattro copisti in attesa nella sua anticamera. Una leggenda che sembra di nuovo tracciare un legame tra questo concerto e il Concerto in Re minore di Mozart, che il compositore avrebbe finito di scrivere all’ultimo minuto, distribuendo le parti all’orchestra poco prima di salire sul palco.

Il Concerto n. 3 in Do minore op. 37 occupa una posizione centrale nella produzione beethoveniana, tra i primi due e le ultime opere più mature: qui il punto di vista è ormai pienamente quello del compositore, e non più quello del virtuoso. Infatti se in occasione della prima esecuzione, nel 1803, al pianoforte sedeva Beethoven, dall’anno successivo, a causa del peggiorare del suo udito, cedette il ruolo di solista al suo allievo Ferdinand Ries.

Infine la Romanza in Fa maggiore op. 50, violino solista Silviu Dima, uno degli unici due lavori per violino solista e orchestra di Beethoven prima del Concerto in Re maggiore op. 61. Il successo che ha avuto presso esecutori e pubblico pressoché ininterrottamente è dovuto da un lato al perfetto equilibrio tra distesa cantabilità si tratta appunto di un Adagio cantabile e sfoggio virtuosistico.

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