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Senza un lavoro nè una casa, storie di nuovi poveri a Palermo

Ci sono S., che un tempo ha fatto la maestra, e L., ex tipografo che, senza più un'occupazione, aspetta l'assegno sociale per la pensione minima

PALERMO. Si sono ritrovati improvvisamente soli e senza una famiglia che potesse dare loro sostegno, senza un lavoro e senza un tetto.

Sono gli 'ultimi' di Palermo, vittime della crisi, i cinque senza dimora, accolti nella Locanda del Samaritano, una delle strutture palermitane del Centro San Carlo e Santa Rosalia della Caritas, che hanno però trovato nuove speranze grazie a chi li ha assistiti.

Il sogno rimane quello di riuscire un giorno a essere indipendenti, con un'occupazione e una casa.

A Palermo sono sempre di più le persone che, perdendo il lavoro, non riescono più a pagare l'affitto e finiscono per strada.  Proprio come il veterano della casa: si chiama T., 59 anni, la licenza media. Da cinque anni abita nella locanda. «Sono arrivato dopo le gravi difficoltà economiche - dice - dettate dalla morte dei miei genitori. Nel 2011 sono pure caduto rompendomi il femore e da quel momento sono rimasto con una invalidità del 67% che non mi ha fatto riconoscere la pensione».

Gli indigenti sono stati ospitati con il progetto di accoglienza notturna dei senza dimora, previsto dalla legge 328, portato avanti dalla cooperativa «La Panormitana», uno dei bracci operativi della Caritas di Palermo.

La locanda dispone di 20 posti letto (15 per uomini e 5 per donne) e nonostante il progetto sia scaduto, il braccio operativo della Caritas ha continuato lo stesso a mantenere l'ospitalità.

Un altro ospite della locanda è P. di 46 anni. P. ha la licenza elementare e la mattina cerca di lavorare come posteggiatore racimolando pochi euro. «Ho dormito soltanto una notte per la strada - racconta -. Anche io non ho più i genitori. In questo posto, all'inizio mi sentivo strano ma poco dopo mi sono sentito a casa mia facendo amicizia anche con gli altri ospiti del centro, italiani e stranieri. Sarei disposto a fare qualsiasi lavoro pur di avere una casa e potere dormire in un posto tutto mio».

Il più anziano è L., 65 anni, che è in attesa di prendere la pensione sociale. Con competenze da tipografo, ha avuto sempre un grande senso del lavoro. «Sono stato accolto molto bene, sempre con affetto e rispetto - dice -. Ho cercato di non dare mai problemi a nessuno evitando sempre questioni e litigi. Adesso spero di uscire da qui quando avrò la certezza di riscuotere la mia pensione sociale. Fino a quando avevo 52 anni ho fatto tanti lavori anche se prevalentemente in nero. Ho dormito anche in strada e capisco che significa non avere più alcun riferimento dopo che perdi tutto».

C'è anche una maestra tra gli ospiti della Locanda, è S. di 63 anni, appassionata di discipline olistiche, erboristeria e pranoterapia. «Se sono arrivata fino a qui - dice - è perchè nella mia vita ho avuto parecchie traversie, vessazioni e tribolazioni tali da farmi perdere tutto. Sono una figlia adottiva che non ha più i genitori adottivi in vita. In questo luogo ho imparato ad accettare la convivenza con persone molto diverse da me».  C'è anche chi si è ritrovato senza lavoro molto presto e non riesce più a trovarlo, come S., una donna di 47 anni. «In centro sto bene - racconta - anche per la flessibilità degli orari e ho pure conosciuto alcune persone a cui mi sono affezionata. Non ho più i genitori e ho perso anche il rapporto con gli altri familiari. Mi sono trovata molto sola e bisognosa di tanto aiuto soprattutto di un luogo sicuro dove dormire e trascorrere la mia giornata. Spero tanto di riuscire ad avere un giorno un lavoro e una mia casa».

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