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Affitti agevolati a Palermo, sfratto per oltre 70 famiglie

Il giudice ordina al Comune la restituzione di due palazzine alla proprietaria «Edil Strade»: «Non ha titolo per detenerle»

PALERMO. Sfratto. Settantaquattro famiglie devono, secondo il giudice, lasciare liberi gli appartamenti in cui abitano da molti anni in via Attinelli: erano stati loro affittati sulla base di un contratto stipulato fra la società proprietaria e il Comune che, però, non ha voluto rinnovare il contratto. E allora, è il succo della pronuncia della seconda sezione civile, se non c’è più un contratto bisogna lasciare liberi gli alloggi ai legittimi proprietari.

Una vicenda burocraticamente surreale, ma tragicamente attuale visto che si attaglia perfettamente al dibattito in corso sul diritto alla casa e sui mezzi e le azioni messi in campo per alleviare la condizione di disagio di moltissime famiglie.

La storia inizia oltre vent’anni fa. Risale all’8 marzo del 1991 quando l’amministrazione per fare fronte alla costante «sete» di alloggi decise di tamponare l’emergenza stipulando un contratto con la «Edil Strade Siciliana srl» che disponeva di due palazzine di otto piani, ciascuna di 36 appartamenti, in via Giovanni Attinelli, al Cep, a poca distanza da viale Michelangelo.

Fu il modo di allentare la tensione di uomini, donne, anziani e bambini che premevano per avere un tetto sopra la testa. La convenzione stipulata prevedeva un canone che Palazzo delle Aquile versa(va) regolarmente. Ma a distanza di quindici anni la Prefettura invia una nota all’amministrazione, informando che la società presenta lati oscuri sull’assetto proprietario. Tanto è vero che sopraggiunge la cosiddetta «certificazione antimafia ostativa». Che è una specie di muro che si crea fra il soggetto giuridico in questione e la pubblica amministrazione che con esso non può intrattenere rapporti di alcun tipo.

E, infatti, scattano immediatamente le contromisure. Unilateralmente l’amministrazione decide di recedere dal contratto, notificandolo alla «Edil Strade Siciliana srl» il 4 giugno del 2006. Ma...recesso sì, ma liberare gli appartamenti no. È così che la ditta incarica l’avvocato Giovanni Immordino di ritornare in possesso delle sue case, dando vita a un contenzioso che si è concluso l’altro ieri con la decisione del giudice monocratico, Giovanna Nozzetti, che per l’appunto, ha ordinato la consegna con una sentenza che la società ha già messo in esecuzione notificandola al Comune.

Il giudice, comunque, non manca di far rilevare che solo «a fronte del ritardo nel pagamento dell’indennità di occupazione, e dopo molto tempo dal recesso, il ricorrente - che fino a quel momento aveva tenuto un atteggiamento accondiscendente rispetto alle esigenze dell’ente - ha intimato a quest’ultimo il rilascio degli immobili». Per cui «se è indubbio che malgrado la cessazione del rapporto locatizio, gli immobili siano rimasti nella detenzione sine titulo del Comune, è altrettanto vero che tale situazione è stata tollerata dalla proprietaria che ne ha tratto un utile: per il fatto di avere continuato a percepire un’indennità corrispondente al canone contrattualmente pattuito, disinteressandosi della manutenzione ordinaria e straordinaria del complesso edilizio».

 

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