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Lorenzoni: “Bimbi a scuola? Fuochi da accendere, non vasi da colmare”

Il pedagogista presenta oggi ai cantieri culturali il libro «I bambini Pensano grande. Per 5 anni ha lavorato a Palermo

PALERMO. Dalla cultura infantile continuiamo a pescare per tutta la vita ma una pedagogia all'altezza dei suoi fini è sempre più un sogno. A Giove, in Umbria, c'è però una classe elementare dove i bambini fanno amicizia con i filosofi, discutono dello zero e delle rivoluzioni scientifiche, attraversano un insolito campo di saperi: scienze, archeologia, storia, arte, teatro. Dove, soprattutto, ogni bambino è diverso.

Siamo a Giove o su Giove? Solitamente non va così: i bambini sono iperprotetti ma poco ascoltati da genitori alleati della tecnologia compulsiva. Poi c'è la scuola che non sembra nutrire l'ambizione di fare un po' meglio. A bocciare, se è il caso, proprio in un Paese che ogni giorno si offre a miriadi di bocciature. E ci sono giovani studenti pigri e riottosi, diventati pigri e riottosi perché nessuno sa ascoltarli.

Il volume, «I bambini pensano grande» (Sellerio) di Franco Lorenzoni è «un'avventura pedagogica» che va in direzione opposta alla scelta di trasformare la scuola in un museo di mummie: è il diario di bordo di 5 anni di elementari di Greta, Erika, Ylenia, Mattia Francesca e altri coetanei, che si presenta oggi a Palermo (Cantieri culturali, Sala De Seta, ore 17.30), assieme al documentario «Elementare», 53 minuti di video-appunti con protagonisti i bambini, immersi in attività e in conversazioni di sorprendente intensità.

Lorenzoni è il loro maestro speciale, fondatore della casa-laboratorio di Amelia, oltre trent'anni d'insegnamento - meglio scambio? - sulle spalle. E un'esperienza anche a Palermo:

"Dal '96 al 2000 - ricorda - venni su richiesta dell'allora assessore alla scuola Alessandra Siragusa. Avviammo un interessante confronto tra culture, fondato su quello che per noi è il "cerchio narrativo". Abbiamo preso in prestito l'arte di Sharazade che, per sfuggire alla morte, raccontava».

I ragazzini vanno in modo diretto alla sostanza delle cose. E «pensano grande»…

«A scuola si vivono tante prime volte: l'incontro con la storia, il ragionamento astratto, l'arte, la parola scritta, e ogni prima volta è portatrice di grandi emozioni. Noi adulti, non dando sufficiente importanza ai pensieri che nascono nei più piccoli, perdiamo una ricchezza incredibile. A scuola vogliamo sempre insegnare, invece io credo nella relazione paritaria, nell'adulto che insegna e apprende. Un bambino non ascoltato disperde i suoi pensieri: lui ha un disperato bisogno di adulti che sappiano attendere e acchiappare le parole che affiorano, che siano capaci di ascoltarlo e guardarlo negli occhi».

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