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Palermo, Cresima negata in Cattedrale
al figlio di uno dei boss Graviano

Il ragazzo, liceale, potrà ricevere il sacramento, ma solo in forma privata. Dovrà rinunciare alla festa preparata assieme ai compagni del Centro ignaziano

PALERMO. Il figlio di uno dei boss Graviano, mandanti dell’omicidio di don Pino Puglisi, non riceverà la cresima in Cattedrale a Palermo. Lui, ancora studente liceale, non ha colpa per essere nato in una famiglia di mafiosi, ma il cardinale Paolo Romeo, arcivescovo di Palermo, ha preferito evitare che il ragazzo ricevesse l’importante sacramento dell’iniziazione cristiana assieme ai suoi compagni nella principale chiesa della città, proprio dove riposano le spoglie mortali del parroco di Brancaccio, ucciso per mano mafiosa e adesso beato.
Una scelta che è trapelata ieri nei corridoi del Centro educativo ignaziano di Palermo, lo storico istituto gestito dai padri gesuiti, dove i figli di Giuseppe e Filippo Graviano, entrambi condannati all’ergastolo, frequentano la scuola superiore. Annualmente l’istituto organizza corsi di preparazione alla cresima per i suoi ragazzi, che poi ricevono il sacramento in Cattedrale.

Una festa collettiva a cui questo ragazzo non parteciperà. Il cardinale Romeo non ha negato la cresima in assoluto, ha solo chiesto che il giovane la ricevesse in forma «privata», in una cappella, non in maniera solenne e in pubblico. Il pericolo che questa presenza «ingombrante» fosse strumentalizzata c’era tutto. «Le colpe dei padri non possono ricadere sui figli, non sarebbe giusto - afferma monsignor Carmelo Cuttitta, vescovo ausiliare di Palermo, interpellato ieri a tarda sera -. Ci auguriamo che questo ragazzo faccia un percorso diverso da quello del padre, che cresca bene e abbia una vita giusta. Ma non è sembrato opportuno celebrare la cresima proprio nella stessa chiesa in cui è sepolto padre Puglisi».

Il sacerdote ucciso con un colpo di pistola dal killer Salvatore Grigoli, reo confesso, era parroco proprio del quartiere controllato dai boss Graviano. Furono loro a ordinarne l’eliminazione. Una morte in odium fidei, come è stato decretato dalla Congregazione per le cause dei santi, che ha dichiarato Puglisi martire. Il corpo del beato riposa in una cappella laterale della Cattedrale. A pochi passi dal luogo in cui decine di giovani questa mattina riceveranno lo Spirito Santo.
Una conferma della rigorosa posizione della Chiesa nei confronti delle organizzazioni mafiose, strutture antievangeliche, e chi ne fa parte si pone automaticamente fuori dalla Chiesa. Da qui la prassi consolidata in Sicilia di negare i funerali ai mafiosi, una svolta dopo l’anatema di Giovanni Paolo II nella Valle dei Templi e l’omicidio di Puglisi. Numerosi i casi eclatanti negli ultimi anni. Un anno e mezzo fa anche un decreto del vescovo di Acireale, monsignor Antonino Raspanti.

L’anno scorso monsignor Domenico Mogavero, vescovo di Mazara, negò i funerali al boss Mariano Agate; un paio d’anni fa a Siculiana l’arcivescovo di Agrigento, monsignor Francesco Montenegro, fece lo stesso con Giuseppe Lo Mascolo. E ancor prima, l’allora vescovo di Piazza Armerina, monsignor Michele Pennisi (oggi a Monreale), negò i funerali a un Emmanuello di Gela, attirandosi per questo ingiurie e minacce.

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