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Summit per una rapina: parte dell'incasso a Messina Denaro

Le microspie svelano i summit degli uomini del latitante: dalla preparazione della rapina alla spartizione dell’incasso. La refurtiva era custodita in una villa di Ciaculli a Palermo. Battaglia chiedeva di Guttadauro: «Questa sera tardi ci prendiamo un caffè»

PALERMO. La caccia al superlatitante Matteo Messina Denaro è ancora aperta e gli investigatori seguono anche una pista palermitana. A giudicare dai risultati dell’ultima operazione dei carabinieri contro i fedelissimi del capomafia di Castelvetrano, il numero uno dei ricercati nel capoluogo siciliano potrebbe avere goduto di solidi appoggi, soprattutto nell’area che va da Brancaccio a Bagheria.

Gli uomini di Matteo Messina Denaro, che, tra l’altro, è cognato di Filippo Guttadauro, fratello del boss di Brancaccio Giuseppe, hanno stretto solide alleanze con i palermitani. Legami che si sono rinsaldati per mettere a segno vari progetti criminali, a cominciare dalla rapina del 4 novembre del 2013 nel deposito della ditta di spedizioni «Tnt» di Campobello di Mazara.

Un colpo pianificato, secondo l’accusa da Girolamo Bellomo, che è palermitano, e Francesco Guttadauro, nipoti del latitante, indicati come i nuovi reggenti della cosca trapanese. Il primo è stato arrestato due giorni fa nell’operazione «Eden2», l’altro era finito in manette l’anno scorso.

Secondo l’accusa «il gruppo di Girolamo Bellomo, detto ”Luca”, si compone di una frangia castelvetranese e di un coacervo criminale di soggetti provenienti dai quartieri palermitani di corso dei Mille e Brancaccio, appartenenti all'entourage delinquenziale riconducibile a Giuseppe Nicolaci e Ruggero Battaglia, anch’essi arrestati nel blitz dei carabinieri. Battaglia è nipote del boss palermitano Ruggero Vernengo, ed è imparentato con gli Eucaliptus di Bagheria, nomi storici di Cosa nostra».

Gli inquirenti ritengono che la compagine criminale si sia mossa secondo le direttive impartite da Francesco Guttadauro, in virtù del suo ruolo di rappresentante delle volontà di Matteo Messina denaro, e di Bellomo, con lo scopo di trovare capitali per la «famiglia» e di mantenere gli equilibri criminali del mandamento di Castelvetrano. Gli stretti legami criminali tra Bellomo e i palermitani emergono anche da un particolare ricostruito dai palermitani: «Luca» offrì a Nicolaci e Battaglia un soggiorno di tre giorni presso un resort di Castelvetrano, provvedendo in prima persona a saldare il conto di 2.840 euro.
Gli investigatori in più di un’occasione registrano incontri tra gli uomini di Castelvetrano e di Palermo.
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