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La Spina: «Il volontariato è in crescita ma lo stato sociale serve»

Per il docente di Sociologia «i privati sono importanti perché anche i Paesi più ricchi non possono ovviare a tutte le esigenze»

PALERMO. Un italiano su otto fa volontariato: più di sei milioni e mezzo di persone (di cui quattro in forma organizzata), il 12,6% della popolazione. Venti anni fa erano la metà. Il dato emerge da un recente report dell’Istat. Ad analizzare questi numeri il professore Antonio La Spina, ordinario di Sociologia e di Valutazione delle politiche pubbliche alla Luiss di Roma. «Il più delle volte le attività volontarie nascono perché si vuole far fronte a un bisogno essenziale del nostro prossimo in condizioni di debolezza», spiega La Spina.
Parliamo di gruppi di volontariato e iniziative spontanee promosse dai cittadini. Negli ultimi anni si è registrato un incremento di queste realtà?
«L'Italia, che rispetto ai paesi dell'Europa centrale e nordica presentava in passato una minore diffusione del volontariato, evidenzia da alcuni anni un graduale incremento. Secondo un recente report dell'Istat, “Attività gratuite a beneficio di altri”, un italiano su otto fa volontariato: più di sei milioni e mezzo di persone (di cui quattro in forma organizzata), il 12,6% della popolazione. Venti anni fa erano la metà. Le iniziative spontanee dei cittadini, se vogliamo distinguerle, potremmo definirle come risposte contingenti e temporanee a situazioni di emergenza. Ad esempio un gruppo di residenti che raccoglie rifiuti, cosa per cui esiste un apposito servizio pubblico. Il volontariato, invece, si protrae nel tempo, fronteggiando bisogni durevoli di certe categorie di persone».

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