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Palermo, nuova grana per la Procura: intercettato Messineo

La vicenda, passata ai magistrati di Caltanissetta, risale al maggio scorso, quando il procuratore sarebbe stato indirettamente intercettato dalla guardia di finanza che, su delega di tre pm palermitani, indaga su un'ipotesi di usura bancaria che coinvolgerebbe Banca Nuova

PALERMO. Mentre continua a interrogarsi su come "obbedire" alla Corte Costituzionale, che gli ha imposto di distruggere le registrazioni delle telefonate del presidente della Repubblica, Francesco Messineo, capo della Procura di Palermo, si trova alle prese con una nuova grana. Sempre di intercettazioni si tratta. Ma stavolta, nelle conversazioni finite sotto inchiesta, c'é pure lui.
La vicenda, passata per competenza ai magistrati di Caltanissetta, risale a maggio scorso, quando il procuratore sarebbe stato indirettamente intercettato dalla guardia di finanza che, su delega di tre pm palermitani, indaga su un'ipotesi di usura bancaria che coinvolgerebbe Banca Nuova.
In realtà a essere sotto controllo non era Messineo, ma l'ex direttore generale dell'istituto di credito, Francesco Maiolino. Al manager, che si è dimesso dall'incarico proprio in quel periodo,  il magistrato avrebbe detto che erano emerse delle cose sulla banca e che sarebbe stato meglio parlarne a voce. Poco tempo prima, secondo quanto ricostruito dagli investigatori, il procuratore avrebbe preso informazioni sull'indagine dai suoi sostituti.
Sul caso dalla Procura di Caltanissetta arriva un secco no comment, ma, secondo quanto si apprende, dopo avere ricevuto le carte dall'aggiunto Antonio Ingroia, che all'epoca coordinava l'inchiesta su Banca Nuova, i magistrati nisseni avrebbero aperto un fascicolo di atti relativi: una sorta di accertamento preliminare che dovrebbe chiarire se ci si trova davanti a un reato. Che in questo caso sarebbe di violazione di segreto istruttorio.
"Non ho alcuna notizia su questa vicenda e non intendo parlare prima di conoscere esattamente quali sono i profili della cosa", replica Messineo chiaramente imbarazzato. Nel suo ufficio oggi c'é stato un via vai continuo di sostituti e aggiunti. Un po' per discutere della nuova tegola caduta sull'ufficio, un po' per affrontare quello che da mesi è il problema della Procura: le intercettazioni delle telefonate tra Napolitano e l'ex ministro dell'Interno Nicola Mancino finite nell'inchiesta sulla trattativa Stato-mafia. Dopo mesi di discussioni e polemiche, giuridiche e non solo, su quale fosse la procedura corretta per distruggerle, visto che per i pm erano irrilevanti ai fini dell'indagine, la Corte Costituzionale è intervenuta con un provvedimento, reso noto per il momento solo tramite un comunicato, che boccia sonoramente l'operato della Procura.
I pm non dovevano valutare la rilevanza delle telefonate e dovevano mandare le bobine al gip per la distruzione, dice in sintesi la Consulta. Una decisione perentoria che lascia aperta, però, una serie di problemi. Ad esempio sui tempi in cui i pm dovranno mandare al gip le intercettazioni.
"Il nodo riguarda la eventuale valenza esecutiva del comunicato emesso dalla Consulta. Qualora dovessimo accertare che è immediatamente esecutivo, dovremmo attivare la procedura subito e mandare tutto al gip senza attendere la notifica della sentenza", dice Messineo. Mentre il procuratore e i suoi si interrogano sulla questione, che, secondo i magistrati,  non risolverebbe comunque gli interrogativi su come il gip dovrà procedere poi, sulla tormentata vicenda interviene dal Guatemala Antonio Ingroia. "La decisione della Corte - spiega nel blog Partigiani della Costituzione - non ha risolto affatto il problema ed il giudice che verrà investito dalla Procura di Palermo sarà punto e a capo, perché la Consulta non è intervenuta in alcun modo sulla legge, com'era necessario. Ha invece soltanto dato ragione, platealmente, al Capo dello Stato, per bacchettare altrettanto platealmente la Procura di Palermo. Ma che farà il gip, visto che il vuoto legislativo che c'era è rimasto? Dovrà tornare alla Corte Costituzionale sollevando stavolta la questione di legittimità perché intervenga con le regole del diritto e non con una decisione 'politica'".
Tutto sembra restare ancora aperto, dunque. E intanto le intercettazioni rimangono chiuse nella cassaforte della Procura.

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